Nei giorni scorsi, poi, qualcuno di questi ha pensato bene di riproporre il demenziale provvedimento che vieterebbe - o comunque limiterebbe - l’apertura di negozi e botteghe direttamente o indirettamente legate a culture considerate ostili - e dunque, per dire, stop a kebab e parrucchieri cinesi e phone-center. E questo in nome di che cosa? Di una sorta di “protezionismo pseudo-culturale”? In nome della “sicurezza”? Oppure dell’orgoglio “padan-gastronomico” della casoeula? La verità è che questo timore d’essere “colonizzati” – dagli islamici o da chi per essi – rappresenta una chiara ammissione di debolezza e impotenza culturale. Ed è la paura che può trasformarsi in violenza - normativa, figurata o persin fisica - e su cui, in passato, ha prosperato la segregazione razziale. E però, quando lo dici, subito ti rispondono che «no, dài, adesso esageri». Dimenticando la proposta sempre leghista di creare vagoni in metrò riservati agli italiani e altri agli stranieri – ma è solo uno dei tanti esempi. Il fatto è che, ormai, uscite di questo genere sono state derubricate a folclore, e chi s’indigna o s’incazza diventa subito un buonista. Ed è poi in questo modo che atteggiamenti di questo genere sono andati consolidandosi, sono diventati quasi normali e politicamente tollerati, «i leghisti? ma sì, loro sono così…». Così un cazzo.
Che poi, che cosa vogliono salvaguardare? L'integrità etnica del ceppo? Non vogliono mischiarsi per restare culturalmente e gastronomicamente e magari anche fisicamente “puri”? Occhio, perché se alla fine la spuntassero, potremmo ritrovarci in un paese in cui sono tutti come questi tre qui sotto.
E fate voi se è un bel vedere.
Scaglia, concordo totalmente..
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