venerdì 28 gennaio 2011

Saviano in piazza, Santoro pure
Ecco le Primarie (con televoto)


Paradosso ma neanche tanto, visto il bailamme in cui si dibatte il Partito Democratico e l'impopolarità apparentemente inarrestabile dei suoi leader ufficiali.
Allora, c’è Saviano che pontifica e indirizza e in sostanza sempre più spesso dice la sua sulla linea che il partito dovrebbe adottare, e in tivù lo guardano a milioni, e il 5 febbraio se ne va con Eco e Libertà e Giustizia a Milano contro il Berlusca.
E c’è Santoro che, dopo gli schiaffi televisivi assestati al Cavalier Arrapaho (e a milioni in tivù l'han seguito), prende per mano Travaglio e il 13 va sempre a Milano a fare il girotondo intorno al Tribunale, per difendere i magistrati e, in sostanza, contro Berlusconi.

E insomma, ecco i candidati. Ecco le Primarie. Ma c’è il televoto?

martedì 25 gennaio 2011

Italia travestita (ovvero: giochi di ruolo)

E al di là del fatto che vengano o meno provate le accuse, che poi è vero che lui è il capo del governo e dovrebbe avere anche più responsabilità di tutti gli altri, e insomma, certo che sono d’accordo. Ma qui si vorrebbe prenderla da un’altra parte, fare un altro discorso.

Perché in queste due settimane ho visto.

Decennali appassionati dei Rolling che da sempre s’esaltano per la loro vita spericolata e di recente hanno ululato di piacere leggendo di quante ne ha fatte e quante ne ha pippate Keith Richards e ai tempi si davano di gomito quando Bill Wyman sposò la quindicenne e che però adesso si mostrano «profondamente scandalizzati» - così mi ha detto, «sono profondamente scandalizzato» - per le serate del premier.

E d’altro canto cattolici tutti comunione e perbenismo e «questo non si fa» e «quest’altro nemmeno» e però stavolta far spallucce, «ma tanto non è vero niente, figurati! e se anche è vero sono fatti suoi, privati, di Silvio», e regolarmente va a finire che - pensa te - la colpa è di quelle svergognate che «si approfittano della generosità del Cavaliere».

E l’assistente di uno stilista che non si perde un festino ch’è uno e durante la settimana della moda dorme un’ora per notte e poi lo vedi magari il giorno dopo con due borse così sotto gli occhi e lui ti guarda e sogghigna e agita la mano scuotendo la testa «cioè, non puoi capire ieri sera...», e però adesso eccolo che recupera da chissà dove l’espressione indignata  ed è tutto un «ma che schifo Berlusconi! ma è una cosa mai vista!» eccetera eccetera (e anche Armani, che «provo un leggero senso di orrore»).

E poi la simpatizzante di destra che negli anni scorsi era tutto un urlo non solo contro il burqa ma persino contro il velo a coprire i capelli, e non c’era verso di instillarle alcun dubbio sul fatto che il problema non è così semplice, e lei a sbraitare che no, anche quelle a cui non viene imposto con la violenza fisica sono comunque culturalmente violentate nell’anima, e «il rispetto della dignità femminile», e «la tradizione islamica che le rende schiave inconsapevoli», e adesso invece le tiri fuori ‘sto puttanaio e le ragazze a far la fila per sculettare un po’ di bunga-bunga e le ricordi quei ragionamenti sulla dignità femminile e le schiave inconsapevoli, e lei a cambiar discorso o rifugiarsi in corner nel consueto «ma cosa c’entra?».

E progressisti che s’esaltavano per Luxuria in Parlamento, e quando si parlava delle sue passate esperienze di prostituzione - scelta e non imposta - s’incazzavano di brutto, «è una parlamentare, sì, e allora? son fatti suoi quello che ha fatto e fa a casa sua, no?», e adesso però si schifano per le seratacce del trio Silvio-Lele-Emilio e ne dicono di ogni su quelle ragazze dall’indecente condotta.

E conservatori che sbraitavano contro Luxuria in Parlamento, e di fronte a quelli che obiettavano di giudicarla per quello che faceva non a casa sua ma in aula, indossavano l’espressione sdegnata «e insomma, addirittura in Parlamento, che scandalo, e poi paghiamo noi», e ora invece son tutti lì a invocare la privacy, «ma Silvio a casa sua può fare quello che vuole, no?», e se gli fai notare che le sue signorine diventano parlamentari o consiglieri regionali, ecco, si girano dall’altra parte.

E musicisti che durante gli anni d’oro hanno scopato l’impossibile e cornificato compagne con cadenze compulsive e anche loro son tutti scandalizzati, «ma che vergogna! e chissenefrega se non è un reato, è comunque uno schifo! e aveva ragione la moglie» e via così.

E filo-leghisti che ogni volta son lì a rompere i coglioni perché bisogna indagare di più e mandare più uomini «e chissenefrega se quei negri sono povericristi, devono levarsi dai coglioni», e adesso ecco che se la prendono – un po’ sottovoce, per la verità – con i mezzi spropositati usati dai magistrati contro Berlusconi «perché si sa che ce l’hanno con lui» (loro invece sì, che sono equilibrati e lottano perché si affermi un vero stato di diritto).

E ancora: avvocatesse in carriera che hanno più gomma in corpo loro che l’omino Michelin mostrarsi inorridite, «ma queste ragazze, ma come si conciano? ma le hai viste? ma che volgari...».

E anche capiufficio da cinquanta e oltre che le sottoposte evitano accuratamente di trovarsi sole con loro per via delle continue e imbarazzanti avancés e allusioni, e adesso ridacchiano sul Berlusca satiro, «ma che figura, dài… ma perché non si controlla?».

Ed ecco, quello che vorrei dire è che ci vuole tutta, per uscire da questa vicenda con un’Italia perfino peggiore di quella attuale.
Ma ce la possiamo fare.

Vescovi, cerchi, botti e doppie file

Ora, non è che si vuol sempre far le pulci ai sacerdoti né impedir loro di parlare - basta però non si dica, com’è successo, che qui in Italia i cattolici sono «discriminati» per le loro opinioni, ché invece la loro influenza sulle decisioni governative è fin troppo smaccata. In ogni caso, adesso se ne esce Bagnasco a dir la sua sul caso Ruby. E insomma, ognuno la può pensare come vuole, e peraltro è anche comprensibile che il cardinale rimarchi il «disagio morale» del Paese. Nel senso che, così facendo, rimanda a temi in qualche modo connessi con quelli su cui “lavora” la Chiesa, tipo la concupiscenza, la promiscuità sessuale, il rapporto fra carnalità e sentimento, persino i sempre tanto decantati rapporti e vincoli matrimoniali, visto che il premier è formalmente ancora sposato (senza contare che, per la Chiesa, non dovrebbero essere considerate valide nemmeno le seconde nozze con Veronica, ma tant’è). Come dire: la morale privata che però, visto che la vicenda coinvolge il capo del governo, diventa anche etica pubblica.
E però, scusate, che cosa c’entra - nella veste di capo dei vescovi - criticare «l’ingente mole di strumenti d’inchiesta»? Cos’è, Bagnasco ora fa il giudiziarista?

L’impressione, dunque, è che la Conferenza Episcopale abbia in qualche modo “dovuto” intervenire sulla vicenda Ruby-Berlusconi, anche per dar voce alle perplessità di molti cattolici e persino di alcuni porporati, e però – al di là dei titoloni dei quotidiani – l'abbia fatto senza troppa convinzione. D’altro canto, non ha perso occasione per ribadire che, allo stato attuale, il cavallo su cui punta è ancora proprio Berlusconi. Che, se passerà la buriana, non mancherà di sdebitarsi, come d’altronde ha sempre fatto in questi anni.

A questo punto, comunque, ci si attende una dura presa di posizione di Bagnasco anche contro le auto in doppia fila, che qui a Milano è problema molto sentito e smuove le coscienze – nel senso che volano sacramenti.

mercoledì 19 gennaio 2011

Il Pd e la sindrome del giaguaro («aspetta, aspetta...»)

Cioè, l’attuale situazione è questa.

Berlusconi, al di là della rilevanza penale di quanto rivelato dall’inchiesta milanese, è completamente sputtanato, e il mondo gli/ci ride dietro.
«Aspetta, aspetta».

Il Paese è in profonda crisi economica, certificata dalla Banca d’Italia, e sociale, con una crescita impetuosa della disoccupazione.
«E noi aspettiamo, mica ci caschiamo, eh…».

Alitalia, uno dei temi su cui il centrodestra ha puntato per vincere le elezioni del 2008, sta tornando a distribuire casse integrazione, ed è sempre più chiaro che finirà presto in mano ad Air France – cioè, per la verità lo è già, essendo la compagnia francese azionista di maggioranza e però avendo pagato un decimo di quello che avrebbe sborsato se, due anni e mezzo fa, la trattativa al tempo ben avviata non fosse stata bloccata proprio dal Berlusca.
«E tu aspetta…».

Ormai è chiaro che l’emergenza-rifiuti di Napoli – altro “successo” sbandierato dall’attuale governo – non è affatto risolta.
«Aspetta, che ancora non è il momento».

Pompei, il museo a cielo aperto più famoso del mondo, sta letteralmente cadendo a pezzi.
«Come come? No no, aspetta».

Il Pdl, maggior partito di maggioranza, ha da poco sofferto una traumatica scissione.
«E noi aspettiamo, vedrai poi che agguato, c'abbiamo un piano, c'abbiamo».

E insomma, per dire che questa situazione farebbe la “gioia” – nel senso biecamente elettorale del termine - di qualunque opposizione in qualunque Paese. E il nostro Partito Democratico? No, il Pd non vuole votare - «aspetta, aspetta» - e si nasconde dietro il “senso di responsabilità”  perché teme ugualmente di perdere, anche (ma non solo) perché al suo interno si scazza un giorno sì e l’altro pure. E ci tocca pure sentire Bersani che «no, noi non le temiamo, le elezioni» (e però allora sarebbe roba da tso).

Così sta messo il centrosinistra nostrano.

martedì 18 gennaio 2011

La nannina di Silvio

Sulla vicenda bunga bunga ecco allora qui e qui un paio di riflessioni che, per quel che conta, sottoscrivo in pieno. 
Ma insomma, anche al di là dell’inchiesta penale - che se ne è letto e se ne leggerà i pacchi - quello che impressiona davvero è l'aspetto umano, e per favore togliete il sorrisino dalla faccia. Nel senso, come Berlusconi s'è ridotto. E cioè, c’è questa Ruby che rilascia l’intervista e parla di lui, in sostanza raccontando che «all'aspetto può sembrare felice, c'ha tutti quei soldi, c'ha tutta quella carriera, tutto quello che tocca diventa oro», e poi però «è un uomo solo e infelice», e non è per dire, ma - tanto per ribadire - Ruby Rubacuori (sic) sta parlando del presidente del Consiglio. 
E poi adesso è venuta fuori quell’altra, si chiama Evelina Manna, anch’essa attricetta o soubrette o non so che cosa, e rilascia l’intervista a Oggi e si rivende la sua fettina di Berlusconi intimo. Ed ecco che con lui, con il capo del governo, ha dormito «a seggiolina, stretti stretti», lui la chiama «la nannina» e però lui va a letto «con una mentina, una caramella Iodosan», perché «gli piace essere profumato», e poi a lei però «non interessa niente di quello che lui può fare a livello di puro intrattenimento», no, perché a lei «interessa il cuore». E poi rivela che era arrabbiata per alcune registrazioni «piccanti, direi spinte» che coinvolgevano Silvietto suo, e allora lui le fece telefonare «da Bubu, il nipotino Alessandro, il figlio di Barbara. Come fai a non far pace con uno così?».

Così parlano di lui. Così s’è ridotto l'uomo che, da qualunque parte la si veda, ha dominato la scena politica italiana negli ultimi sedici anni. In qualche modo vittima della rappresentazione del mondo che lui stesso - nel senso delle sue tivù - ha creato e diffuso, e drivein e veline e tetteeculi e l'immagine-prima-di-tutto e emiliofede e via dicendo (non che nel resto del mondo sia così diverso, ma insomma, in Italia c'ha pensato lui). Come dire, è il biscione che si morde la coda.

Qui va a finire che s’ingaggia da solo per l’Isola dei Famosi. Dice: ma no, che l'Isola è Rai, mica Mediaset. Ecco, qui poi si entra in un altro discorso. Meglio fermarsi.

domenica 16 gennaio 2011

L'amore segreto

Clamorosa rivelazione di Berlusconi: «Ho un rapporto stabile con una donna».
Giornalisti a caccia della fidanzata segreta.

sabato 15 gennaio 2011

L'era delle gru

Ma sí, c'ha ragione, prima o dopo ci arrampicheremo tutti, ognuno col suo motivo. Tutti su a quaranta metri, sulle gru, uno dopo l'altro, gli operai e le famiglie e poi i vecchi e i giovani e le ragazzemadri i barboni i padri divorziati le partiteiva i disoccupati e poi chilhavisto annozero e matrix e ci arriveranno anche bonolis e le réclame, e alla fine ci parleremo tutti da lí, dalle torrette, e il frastuono salirà sempre più in alto.
Finché chi vorrà farsi sentire dovrà tornare sulla terra, giú in strada.

giovedì 13 gennaio 2011

Poi dice che gli operai si buttano a destra
(ovvero: la sinistra, il lavoro e Giorgio Gaber)

In origine questo post sulla vicenda Fiat era più lungo e articolato.
Si parlava delle ragioni della Fiom - anche al di là di come la si pensi nel merito della questione - nel definire una farsa questo referendum fra i lavoratori sull'accordo che cambia le loro condizioni di lavoro. Un referendum che se vince il "sì" va tutto bene e l'accordo è buono e santo, ma se vince il "no" allora non è che se ne ridiscute, no, la fabbrica chiude - e che gioco è? allora non fatelo, il referendum, ché mica siete obbligati.

E poi però si ragionava sulla vetusta impostazione dei sindacati, in senso anche più generale, che negli ultimi anni non han saputo adeguare proposte e soluzioni e tutele a cambiamenti planetari - per esempio concentrandosi esclusivamente su chi il posto giá ce l'ha e trascurando colpevolmente precariato e mobilità, e mica per niente gran parte degli iscritti sono pensionati. E in questa vicenda è emerso palese come i loro "strumenti di pressione" siano ormai del tutto spuntati.

E infine ci si allibiva per questa santificazione del manager Marchionne, che certo sarà anche abile e moderno, e peró insomma, la sua azienda è in crisi e lui la risolve chiedendo, anzi intimando, ai lavoratori di adeguarsi a nuovi ritmi - in parte anche comprensibilmente - senza però presentare un progetto industriale degno di questo nome, chessò, nuovi e competitivi modelli d'auto, obiettivi proiettati nel tempo. Niente, tutto al buio.

Poi però è tornato fuori Giorgio Gaber, nel senso che "a parteggiare per la destra non ce la faccio proprio fisicamente, ma niente e nessuno mi fa incazzare come la sinistra". No, perché la verità è che, ancora una volta, da questa vicenda emerge in tutta la sua inarrivabile inconsistenza proprio la sinistra nostrana.
Per dire, riguardo al referendum: uno dice che voterebbe sì, l'altro no, altri addirittura sì e anche no. Poi ci mancava Vendola e la sua passerella a Mirafiori. Un pasticcio. Cioè, questo del lavoro dovrebbe essere un tema fondamentale - anzi, Il Tema. E invece i capoccioni progressisti non riescono nemmeno su questo a elaborare uno straccio di linea comune, una prospettiva politica sulla questione. Niente di niente, ognuno per conto suo.
E non si dica, please, che questa è la consueta critica sterile o tafazzismo distruttivo. Invece no, al contrario: semplicemente, qui - ripetiamo - si chiede che il maggior partito di centrosinistra elabori finalmente un'interpretazione politica complessiva e comune e magari anche proiettata nel presente e nel futuro - e non nel passato - su un argomento così importante come il lavoro. Altrimenti a che cazzo serve un partito?
E di fronte all'ultima spacconata berlusconiana, che si dice voglia cambiare nome al partito chiamandolo "Italia" - a parte l'irresistibile proposta di chi gli opporrebbe un magnifico "Resto del Mondo" - ecco, mettendosi paradossalmente sullo stesso piano, una parola alternativa potrebbe davvero essere "Lavoro".
E invece niente, cazzo. Niente.

Poi uno dice che gli operai votano Berlusca o Lega. E c'è anche l'insopportabile presunzione da salotto nel sostenere che lo fanno perché si sono rincoglioniti davanti alla tivù. No, è che hanno visto e ascoltato. E poi hanno cambiato canale.

UPDATE: E dopo la "riunione di direzione del partito" - che non si sa bene che cosa diriga - ecco che va in scena l'ennesimo scazzo fra Bersani e club Veltroni, con questi che prima scazzano e poi fanno quelli che si calmano. Ancora una figura piuttosto misera. Il sospetto è che lo facciano apposta.

lunedì 10 gennaio 2011

La risposta

La risposta è dentro di te. Ma è sbagliata.

                                                   - Zanna -
                                         (citando Guzzanti/Quelo)

mercoledì 5 gennaio 2011

Per quelli che «io non sono razzista, però gli zingari...»

La verità è che di rom e sinti ne sappiamo nulla. Ecco, per cominciare ad allargare l’orizzonte, è utile leggere qui e qui (ma cercando si trova anche dell'altro) di Mirko Levak e Amilcare Debar. Sono morti il mese scorso. Il primo era l’ultimo rom sopravvissuto ad Auschwitz e dunque al Porrajmos, parola con cui viene indicato lo sterminio nazista proprio dei rom. Il secondo fu staffetta e partigiano combattente in Italia durante la Seconda Guerra, poi rappresentante del suo popolo all’Onu. Così, tanto per cercare di andar oltre il cliché del “rubano i bambini”.

martedì 4 gennaio 2011

Più galera per tutti

Notizia davvero allucinante è quella relativa alle motivazioni in base alle quali è stato arrestato quel ragazzo di Gemonio,  accusato d'aver tirato una bomba-carta contro una sede della Lega (che poi in realtà era un petardo). Motivazioni che si evincono dal documento con cui il Giudice per le indagini preliminari ne ha invece disposto l’immediata scarcerazione. E dunque, dice il giudice evidentemente sconfessando l’altro magistrato che quest'arresto ha ordinato, le manette sono scattate in base a «una mediocre delazione dettata da piaggeria e forse (forse…) non sufficientemente filtrata». Anche perché gli elementi d’accusa si basavano sul fatto che il ragazzo «ha riferito di essere impegnato in un gruppo musicale metal il cui pubblico affetta atteggiamenti anarchici o dichiara simpatie di sinistra». E, tanto per ribadire, in base a ciò un 21enne incensurato si è fatto tre giorni di galera.

Ora, l’episodio ha avuto risonanza per via delle reazioni politiche nazionali scatenate da quello che era stato presentata come un grave attentato (peraltro, il ragazzo arrestato pare sia figlio di un esponente leghista, ma tant'è). Ma, al di là delle speculazioni politiche sullo specifico caso in questione, chissà quanti di questi invece non emergono, con povericristi innocenti – magari nemmeno in grado di difendersi – che invece in cella ci restano per molto più tempo. Tanto per dare un termine di paragone, guardando ai dati diffusi dallo stesso ministero della Giustizia relativi ai procedimenti aperti per ingiusta detenzione (e dunque non contando quelli che non hanno portato a una denuncia), ecco, fra il 2003 e il 2007 sono stati complessivamente 9.557 gli arresti immotivati. Novemilacinquecentocinquantasette. Cioè, in cinque anni è stato accertato l’arresto ingiusto di quasi diecimila persone, che poi vuol dire una media di circa cinque al giorno. Cinque persone ogni giorno ingabbiate senza che ce ne fosse motivo.

Un numero che, una volta di più, evidenzia come sia assolutamente necessaria una profonda riforma delle procedure penali. Una riforma della giustizia, tanto per usare la consueta formula. E invece si resta paralizzati, fra le esigenze del presidente del Consiglio che intende questa riforma unicamente come strumento punitivo e di controllo nei confronti di una categoria che ritiene nemica, e questa stessa categoria – quella dei magistrati, per l’appunto – che troppe volte s'è dimostrata insofferente nei confronti di un cambiamento sistemico, nonostante sia evidente che proprio il sistema funziona malamente. 
E poi certo, intendiamoci, ci sarebbe anche da approfondire in ogni direzione, parlando per esempio dei mezzi insufficienti a disposizione delle Procure (UPDATE: ecco, per l'appunto, l'ultima denuncia dell'Anm) e della necessaria ridefinizione dei distretti giudiziari, ma richiederebbe troppo spazio.

Non c’entra molto, ma a fronte di questa situazione vien da ricordare che nel 2010 sono stati 66 i suicidi nelle carceri, secondo i dati ufficiali. E stando al rapporto dell’associazione Antigone, nei 206 istituti di pena italiani sono ospitati 68.527 detenuti a fronte di 44.612 posti letto regolamentari. Ed è da tempo immemorabile che il governo ha promesso la messa a punto di un piano carceri, anche con punte di involontaria comicità.

Poi ditemi se questo è un Paese civile.