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lunedì 7 marzo 2011

Testamento conto terzi

Allora, questi vogliono fare la legge sul “testamento biologico”. E dunque, norme che dovrebbero regolare - in base alle volontà della persona, o perlomeno così ragione vorrebbe - eventuali modalità legate al “fine vita” - fuor d’ipocrisia, alla morte. Solo che, udite udite, la volonta del soggetto «non è vincolante». Ripetiamo: il MIO parere sulla MIA vita e sulla MIA morte non è vincolante.  Deciderà invece il medico, valutando in «scienza e coscienza»  – in pratica, in base alle SUE convinzioni pseudo-etiche.
E questi si definiscono un governo liberale. Ma vaccaghér.

Ma non è una bestialità allucinante, questa? Non varrebbe la pena di fare del vero casino, visto che l’assurdità di tali norme è evidente anche a molti elettori di centrodestra? Vero è che con tutta probabilità non passerà, ‘sta legge, e però mobilitarsi significherebbe dimostrare - al di là delle formulette ripetute a macchinetta - qual è il modello di società davvero propugnato da questa maggioranza. 
Ne avevamo già parlato qui
E invece niente, o comunque poca roba. Dunque momentaneamente glissiamo causa scoramento questo sì incurabile sulle divisioni interne al Partito Democratico – che invece vorrebbe essere forza progressista – proprio  in ordine a questa legge assurda.  Ormai è chiaro: Bersani e compagnia si fanno tirare in mezzo soltanto dalle battaglie perse.

Solo ci permettiamo di ribadire come sia quantomeno azzardato ipotizzare una sia pur momentanea alleanza con il baciapile Casini in chiave anti-Berlusconi. Cioè, ci si libera del Cavaliere per ritrovarsi  i vescovi che fanno direttamente le leggi. Vuoi vedere che ce la facciamo?

giovedì 3 febbraio 2011

L'infallibile intuito del mago Walter

Ormai s’è capito su che cosa sarà impostata la campagna elettorale (imminente? bah…) del centrodestra. Sulle tasse, sempre quelle, solito refrain.  Tasse che peraltro Berlusconi e compagnia hanno di fatto aumentato, altroché. O comunque non certo ridotto. E vedremo poi se passa il federalismo così come l’han concepito. In ogni caso, non è che se la si vuol sempre prendere col Pd, ma insomma: questo non aveva un argomento ch’era uno, per tentare di uscire dall’angolo in cui s’era cacciato. E che cosa ti ritira fuori quel geniaccio di Veltroni, nel suo ritorno al Lingotto per spiegare come il centrosinistra può tornare a vincere? (...lui ce lo spiega, e siamo a posto…). Che cosa ti ritira fuori? Una tassa. Una tassa, cazzo. La patrimoniale. E lascia stare che non era stato lui a lanciarla, e prima Scalfari e poi Giuliano Amato eccetera: Veltroni l'ha comunque inserita in un discorso che voleva essere una vera e propria proposta di programma per il Pd. E poi certo, lui naturalmente aggiunge che l’avrebbe contestualizzata (che schifo di parola) e bilanciata «e bisogna spiegarlo ai più ricchi che devono aiutare il Paese e così s’abbatte il debito pubblico e bla e bla». Ma intanto l'avversario politico ci può marciare.

E dunque, anche aldilà di come la si pensi sul punto: ma cazzo, ma questa storia della comunicazione politica, del modo in cui parlare agli elettori italiani, ma proprio non hai capito nulla, o Walter e progressisti in generale. Ma davvero è necessario un intuito superiore alla media per capire che – patrimoniale o meno, ricchi o non ricchi – in Italia se parli di una tassa da aggiungere, alla gente viene l’urto di vomito? E adesso quell’altro, come sempre mistificando e confondendo, ma ha buon gioco – e ce l’avrà, in caso di elezioni – a ritirar fuori la solita solfa sulla sinistra che vuol aumentare la pressione fiscale e lui invece no. 

Ma cristosanto, ma con tutte le cose che ci son da dire, proprio la tassa bisognava tirar fuori? Ma dài…

venerdì 28 gennaio 2011

Saviano in piazza, Santoro pure
Ecco le Primarie (con televoto)


Paradosso ma neanche tanto, visto il bailamme in cui si dibatte il Partito Democratico e l'impopolarità apparentemente inarrestabile dei suoi leader ufficiali.
Allora, c’è Saviano che pontifica e indirizza e in sostanza sempre più spesso dice la sua sulla linea che il partito dovrebbe adottare, e in tivù lo guardano a milioni, e il 5 febbraio se ne va con Eco e Libertà e Giustizia a Milano contro il Berlusca.
E c’è Santoro che, dopo gli schiaffi televisivi assestati al Cavalier Arrapaho (e a milioni in tivù l'han seguito), prende per mano Travaglio e il 13 va sempre a Milano a fare il girotondo intorno al Tribunale, per difendere i magistrati e, in sostanza, contro Berlusconi.

E insomma, ecco i candidati. Ecco le Primarie. Ma c’è il televoto?

mercoledì 19 gennaio 2011

Il Pd e la sindrome del giaguaro («aspetta, aspetta...»)

Cioè, l’attuale situazione è questa.

Berlusconi, al di là della rilevanza penale di quanto rivelato dall’inchiesta milanese, è completamente sputtanato, e il mondo gli/ci ride dietro.
«Aspetta, aspetta».

Il Paese è in profonda crisi economica, certificata dalla Banca d’Italia, e sociale, con una crescita impetuosa della disoccupazione.
«E noi aspettiamo, mica ci caschiamo, eh…».

Alitalia, uno dei temi su cui il centrodestra ha puntato per vincere le elezioni del 2008, sta tornando a distribuire casse integrazione, ed è sempre più chiaro che finirà presto in mano ad Air France – cioè, per la verità lo è già, essendo la compagnia francese azionista di maggioranza e però avendo pagato un decimo di quello che avrebbe sborsato se, due anni e mezzo fa, la trattativa al tempo ben avviata non fosse stata bloccata proprio dal Berlusca.
«E tu aspetta…».

Ormai è chiaro che l’emergenza-rifiuti di Napoli – altro “successo” sbandierato dall’attuale governo – non è affatto risolta.
«Aspetta, che ancora non è il momento».

Pompei, il museo a cielo aperto più famoso del mondo, sta letteralmente cadendo a pezzi.
«Come come? No no, aspetta».

Il Pdl, maggior partito di maggioranza, ha da poco sofferto una traumatica scissione.
«E noi aspettiamo, vedrai poi che agguato, c'abbiamo un piano, c'abbiamo».

E insomma, per dire che questa situazione farebbe la “gioia” – nel senso biecamente elettorale del termine - di qualunque opposizione in qualunque Paese. E il nostro Partito Democratico? No, il Pd non vuole votare - «aspetta, aspetta» - e si nasconde dietro il “senso di responsabilità”  perché teme ugualmente di perdere, anche (ma non solo) perché al suo interno si scazza un giorno sì e l’altro pure. E ci tocca pure sentire Bersani che «no, noi non le temiamo, le elezioni» (e però allora sarebbe roba da tso).

Così sta messo il centrosinistra nostrano.

giovedì 13 gennaio 2011

Poi dice che gli operai si buttano a destra
(ovvero: la sinistra, il lavoro e Giorgio Gaber)

In origine questo post sulla vicenda Fiat era più lungo e articolato.
Si parlava delle ragioni della Fiom - anche al di là di come la si pensi nel merito della questione - nel definire una farsa questo referendum fra i lavoratori sull'accordo che cambia le loro condizioni di lavoro. Un referendum che se vince il "sì" va tutto bene e l'accordo è buono e santo, ma se vince il "no" allora non è che se ne ridiscute, no, la fabbrica chiude - e che gioco è? allora non fatelo, il referendum, ché mica siete obbligati.

E poi però si ragionava sulla vetusta impostazione dei sindacati, in senso anche più generale, che negli ultimi anni non han saputo adeguare proposte e soluzioni e tutele a cambiamenti planetari - per esempio concentrandosi esclusivamente su chi il posto giá ce l'ha e trascurando colpevolmente precariato e mobilità, e mica per niente gran parte degli iscritti sono pensionati. E in questa vicenda è emerso palese come i loro "strumenti di pressione" siano ormai del tutto spuntati.

E infine ci si allibiva per questa santificazione del manager Marchionne, che certo sarà anche abile e moderno, e peró insomma, la sua azienda è in crisi e lui la risolve chiedendo, anzi intimando, ai lavoratori di adeguarsi a nuovi ritmi - in parte anche comprensibilmente - senza però presentare un progetto industriale degno di questo nome, chessò, nuovi e competitivi modelli d'auto, obiettivi proiettati nel tempo. Niente, tutto al buio.

Poi però è tornato fuori Giorgio Gaber, nel senso che "a parteggiare per la destra non ce la faccio proprio fisicamente, ma niente e nessuno mi fa incazzare come la sinistra". No, perché la verità è che, ancora una volta, da questa vicenda emerge in tutta la sua inarrivabile inconsistenza proprio la sinistra nostrana.
Per dire, riguardo al referendum: uno dice che voterebbe sì, l'altro no, altri addirittura sì e anche no. Poi ci mancava Vendola e la sua passerella a Mirafiori. Un pasticcio. Cioè, questo del lavoro dovrebbe essere un tema fondamentale - anzi, Il Tema. E invece i capoccioni progressisti non riescono nemmeno su questo a elaborare uno straccio di linea comune, una prospettiva politica sulla questione. Niente di niente, ognuno per conto suo.
E non si dica, please, che questa è la consueta critica sterile o tafazzismo distruttivo. Invece no, al contrario: semplicemente, qui - ripetiamo - si chiede che il maggior partito di centrosinistra elabori finalmente un'interpretazione politica complessiva e comune e magari anche proiettata nel presente e nel futuro - e non nel passato - su un argomento così importante come il lavoro. Altrimenti a che cazzo serve un partito?
E di fronte all'ultima spacconata berlusconiana, che si dice voglia cambiare nome al partito chiamandolo "Italia" - a parte l'irresistibile proposta di chi gli opporrebbe un magnifico "Resto del Mondo" - ecco, mettendosi paradossalmente sullo stesso piano, una parola alternativa potrebbe davvero essere "Lavoro".
E invece niente, cazzo. Niente.

Poi uno dice che gli operai votano Berlusca o Lega. E c'è anche l'insopportabile presunzione da salotto nel sostenere che lo fanno perché si sono rincoglioniti davanti alla tivù. No, è che hanno visto e ascoltato. E poi hanno cambiato canale.

UPDATE: E dopo la "riunione di direzione del partito" - che non si sa bene che cosa diriga - ecco che va in scena l'ennesimo scazzo fra Bersani e club Veltroni, con questi che prima scazzano e poi fanno quelli che si calmano. Ancora una figura piuttosto misera. Il sospetto è che lo facciano apposta.

giovedì 9 dicembre 2010

Babbei in sala d'attesa


E va bene il pragmatismo, e che quello là se ne deve andare. E poi le maniche tirate su, e le manifestazioni nazionali, e le primarie. E D'Alema contro Veltroni, e Veltroni contro Bersani, e Bersani contro Renzi, e poi D'Alema che si riavvicina a Veltroni ma non troppo, ed ecco Vendola che metaforizza e parallela e auspica. E il segretario emiliano che prima ad Arcore ci andrebbe a piedi, poi s'incazza se a piedi ci va quell'altro. E va bene tutto. Ma insomma, che pena 'sto Pd in trepidante attesa di quel che deciderà Fini. Il quale Fini è lì che un giorno te la fa vedere, l'altro si ritrae e la fa vedere a quell'altro, te la do, non te la do: la millenaria tattica della cosiddetta figa di legno. E poi guardali, i babbei con la lingua di fuori, "ma mi ha guardato? ma che cosa ha detto? ma dici che ci sta?".

Ma andate tutti quanti a Ballarò, andate.

Per capirci meglio (da Nonciclopedia)
La figa di legno (Mulier frigidas), detta anche Woodenpussy, è un esemplare di donna [e per estensione di persona, ndr] molto comune nel nostro ecosistema, che prima di offrire il suo tesoro segreto espone il corteggiatore a una lunga via crucis di vari anni.
L'atteggiamento della figa di legno durante il rituale del corteggiamento è quello di far annusare la propria attrazione  senza concedersi mai; da tale trappola olfattiva messa in atto dalla femmina per assoggettare il maschio nasce l'altro appellativo col quale è conosciuta la figa di legno: la profumiera. L'arma più comune di queste cortigiane è il due di picche (che possono applicare con crudeltà o con più tatto), con cui si liberano molto facilmente degli arrapati che si avvicinano a loro. In genere questo accade dopo la fase dello strusciamento, in cui la profumiera, attraverso un insieme di strategie che fanno alzare l'entusiasmo nel maschio, mostra atteggiamenti che verrebbero comunemente interpretati come una grande voglia di scambio sentimentale. Ciò che l'esemplare maschio ignora è che non potrà mai arrivare ad avere un rapporto sessuale completo.

mercoledì 24 novembre 2010

E parla bene. Ovvero: Saviano e la sinistra in tivù

Discuti, t’appassioni, finché ti scaldi e addirittura alzi la voce che gli altri ti guardano strano, «ma possibile che devi sempre infervorarti in questo modo? guarda che sembri un matto». Poi torni a casa e vedi i politici in televisione o ne leggi le dichiarazioni e le interviste, sarebbero quelli che in linea di principio t’aspetti possano dire qualcosa per cui valga la pena per l’appunto d’appassionarsi e scaldarsi e alzare la voce e litigare come hai fatto fino a mezz’ora prima, e invece ti cadono i coglioni. Ti senti un babbione.  Nel senso che li percepisci così lontani, questi che fra poco ti chiederanno il voto. Lo/la/li vedi parlare ma non  arriva nulla o quasi. Per dire, ti chiedi perché una come la Serracchiani - che era emersa proprio perché sembrava parlasse diversamente, si ponesse diversamente, argomentasse diversamente - ora invece pare irrigidita, irreggimentata, noiosa e ministeriale. E dice anche cose condivisibili, intendiamoci. Ma non scalda, non coinvolge, e anche non convince più di quello che le si oppone , lei che per un attimo ci era riuscita. E l’interesse, la passione evaporano. Una scusa per nascondere la tua incorreggibile superficialità? Può essere. E poi cos’è questa necessità di essere “scaldato”, non ti bastano i concetti? E non ti rendi conto che insomma, una cosa è parlare al bar e un’altra è invece argomentare con serietà? «Eddài, vorresti che facessero come Berlusconi?». No, certo no. Ma insomma.

E però poi uno vede che c’è anche un altro modo.  Saviano che fa  nove milioni e rotti di telespettatori. E certo, le perplessità su alcune sue generalizzazioni restano intatte, e la trasmissione t’annoia pure (ed eccone qualche ragione). Ed è anche vero che un conto è avere a disposizione tutti quei minuti per parlare, un altro confrontarsi con i tempi contingentati e Gasparri che ti dà sulla voce e tu vorresti invece dargli sulla testa.  Ma non è questo il discorso che qui si vuol fare, non è un pro e contro nel merito, stavolta. Cioè, al di là di tutto, è chiaro che si tratta di un’operazione tele-politica, quella di “Vieni via con me”.  Nel senso: Saviano in questo momento viene percepito – e dunque è - un esponente politicamente schierato, un politico del centrosinistra. E anche come tale può essere valutato.  Ed ecco, c’è questa cosa: riesce ad apparire diverso, Saviano. Riesce a tirare in mezzo tanta gente – magari non me, ma chissenefrega.  Risulta più credibile per molti, anche se tale non sempre è. L’effetto novità? Può darsi. Ma sarebbe il caso di valutare se non sia  anche e soprattutto proprio una questione di linguaggio, comunicazione, atteggiamento. Nel senso anche superficiale del termine: parole più comprensibili, esempi più semplici, tono di voce più coinvolgente. Persino il viso, le movenze. E non è nemmeno che Saviano sia così abile, in video. Anzi, risulta persin impacciato – e in effetti anche questo finisce per essere un pregio. Naturale che queste considerazioni andrebbero poi svolte in direzioni meno generali, ma insomma, questo è il discorso. In ogni caso, continuando con il paragone con la Serracchiani – lei perché è fra quelle  indiscutibilmente in gamba – ecco, però sembra già una, come dire?, una fagocitata nella recita. Sembra Rosi Bindi, e sia detto con tutto il rispetto.

Dice: sì, ma i ragionamenti di Saviano sono grossolani. Perché, l’altra sera Bersani ne è uscito meglio? Non sembra. E Renzi ne esce meglio? Bah, facessero un referendum, ma l’impressione è che la differenza venga colta da chi si è già fatto un’idea, non da quelli che devono essere tirati in mezzo. E d’altro canto, anche Vendola risulta sempre più retorico. Saviano nella retorica ci ha intinto tutt’e due le mani, in queste serate, ma resta il fatto che viene percepito diversamente.

Intendiamoci, nessuno grida al Saviano presidente, ovvio non sia questo il punto. Ed è anche vero che il successo della trasmissione non significa necessariamente che qualcosa nell’aria stia cambiando. Ma qualche ragionamento in più sul modo di porsi e di parlare alle persone, ecco, non sarebbe tempo perso. Lo si è già fatto, lo si fa continuamente, ma evidentemente non si trova la via. Perché di quel che parlano a sinistra, si arriva a capire poco e male. E questo è un fatto. Poi si può anche sostenere che è colpa di chi ascolta malamente, ma sai che consolazione.

E allora risolvetela così

Dopo discussione accesa sul perché e il percome e visti i continui scazzi e rivalità e dispetti che lo spettacolo è penoso, un amico conclude  buttandola in vacca e sostenendo che dovrebbero risolverla così, alla vecchia.


E però perlomeno si arriverebbe, come dire, a una situazione chiara.

E poi lo so, Grillo con il Pd c'entra davvero nulla, né tantomeno c'entra con la sinistra o presunta tale - e per la verità anche questo schieramento sedicente progressista non si sa bene con che cosa c'entri, ma in effetti è considerazione banale e ormai inflazionata, senza contare che subito a seguire ci starebbe il solito discorso su sinistra-destra-categorie-ormai-inadeguate eccetera, e ci porterebbe troppo lontano (e poi sai che palle).
E comunque, tornando a Grillo, è fuor di dubbio che il suo movimento peschi anche e soprattutto fra gl'incazzati certamente ostili al centrodestra: nel suo ultimo vaffanculo lanciato contro Vendola e Saviano si avverte uno sgradevole odore di antipatia fra concorrenti.

martedì 16 novembre 2010

Il pallone è mio, ridammelo! (ovvero: il Pd e le primarie)

Ora, va bene la discussione - per la verità a tratti surreale - su primarie sì primarie no, che si rischia la personalizzazione eccessiva, che è l'anticamera del presidenzialismo, e poi qui tanto non siamo mica in America eccetera eccetera. E però guarda che dalle parti del Pd sono ben strani. Prima s'inventano questa cosa, e la presentano come l'ultima frontiera della democrazia - ma neanche convintissimi. E invece dopo, se non riescono a mobilitare né a capire gli elettori, e soprattutto se non vince il candidato che loro ritenevano dovesse vincere, allora le primarie diventano una scemenza.
Poi dice che perdono voti.

UPDATE: dopo lo schiaffone milanese, i vertici del Pd locale si sono dimessi - e qui, in effetti, ci starebbe l'applauso, vista l'allergia della politica italica per l'assunzione di responsabilità. E poi un amico mi chiede, giustamente: ma adesso cos'è, fanno altre primarie per eleggerne di nuovi? Non è dato saperlo, anzi ovvio che no. Anche se, ripensandoci, così potrebbero riuscire a chiudere il cerchio: perdere anche contro se stessi.