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giovedì 7 luglio 2011

La coppia dell'estate


















Ed eccola qui, la nuova coppia della nostrana politica-cabaret estiva.
E comunque, se qualcuno riuscisse a convincerli e a tentare una per la verità tardiva carriera cinematografica, questi ti passano alla storia anche più di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.
Ma, osservando l'espressione del Berlusca, non si può d'altro canto non avvertire quasi un moto di compatimento.
Ormai gli è rimasto solo Scilipoti.
La rivoluzione liberale è rimandata. Alla prossima vita.

sabato 18 giugno 2011

Oh, scusa, ma tu da che parte stai?

Ma insomma, è possibile essere profondamente ostili a Berlusconi e tutto quel che rappresenta e però trovare insopportabile il conformismo dei discorsi di troppi antiberlusconiani, che quando cominciano a parlare d’un qualche argomento già sai in partenza quali sono premesse e svolgimento e conclusione, e se poi provi a discuterne ti rendi conto che hanno ben chiaro lo schema e poi chissenefrega di metterlo in discussione tanto è così? (...e quando non sanno che cosa controbattere a una tua eventuale contestazione, ecco che parte il “ma cosa c’entra?”).

E si può considerare la riorganizzazione del mercato del lavoro un problema essenziale e prioritario di questo Paese, e però accorgersi d’essere ormai insofferente al comizio del solito precario in favor di telecamera che è tutto uno slogan che più generico e denagogico non si può?

E si può amare artisticamente Benigni e i suoi film (non tutti, però) e apprezzarlo quando legge Dante e anche quando dispensa retorica sull’inno, e però trovarlo noioso e stancamente prevedibile quando salta in braccio e si butta per terra e ripete per l’ennesima volta la gag del pinocchietto monellaccio?

No, perché poi succede come al solito: che ti schifano sia da una parte, sia dall’altra.

Mi sa che ho bisogno di una vacanza.

lunedì 30 maggio 2011

Milano non ha (più) paura

E niente, al netto delle esultanze - anche comprensibili - tutte palloncini e cotillons, ci pare che queste elezioni abbiano evidenziato soprattutto due cose.

1) Un tempo - e pare un secolo fa - era proprio Berlusconi che si poneva, e per la verità veniva da molti percepito, come il volto sorridente e ottimista della “nuova politica” (che nuova lo fosse nient’affatto poi lo si è visto), così contrapponendosi ai polverosi e risentiti discorsi dei politici di professione. E insomma, questa sensazione oggi s’è ribaltata, con la muta rabbiosa degli esponenti di centrodestra a gridare scomposta e dispensar terrori e presentarsi con un’immagine torva e inquietante, sepolta - soprattutto a Milano - da una secchiata d’ironia.
Ecco, l'ironia.
Ed è svolta importante, anche quest'ultima - l'ironia come "arma elettorale" -, dopo che per anni la cifra del centrosinistra era stata unicamente quella del “dàgli al Cavaliere”.
L'ironia libera tutti.

2) Ma, soprattutto, da questa tornata vien fuori che la gente - la gente di centrodestra, soprattutto, ché dall'altra parte la percezione era già diversa - non ha più paura.
Imprevedibile, ma è così: non ha più paura.
Dei clandestini, degli islamici, dei comunisti.
Cioè, non basta più.
Nel senso, magari se ne preoccupano, ma non si teme più l'invasione dei barbari, s'è capito che è una cazzata inventata ad arte. Questa perlomeno è la netta impressione. Agli inizi degli anni Novanta, quando esplose la Lega, l’Italia conosceva la prima vera ondata migratoria, soprattutto dai Paesi dell’Est e dai Balcani - gli albanesi, ricordate? Ai tempi la sinistra sottovalutò il normale timore che nasce nella maggioranza della gente di fronte a fenomeni di questo genere, così lasciando campo libero ai richiami razzistoidi del Carroccio - occhio che questi sono delinquenti, ci stuprano le figlie, chiudetevi in casa, e poi ci rubano il lavoro e via dicendo. Impostazione poi rivitalizzata dopo l’11 settembre, solo con una più accentuata caratteristica anti-islamica.
Ecco, la politica della paura è stata cavalcata a ogni appuntamento elettorale, in tutti questi anni. Ma, nel frattempo, la gente ha avuto la possibilità di metabolizzare - in questo senso sì, Milano è l’avanguardia. Confrontandosi tutti i giorni con “lo straniero”. Discutendo nei consigli di classe. Vedendo lavorare i manovali immigrati. Mangiando le pizze cucinate dagli egiziani. Arrivando a capire che, cristosanto, c’è certo differenza fra criminali e brave persone, ma non in base al luogo di nascita.

Arrivando a capire che non c’è nulla di cui aver paura.

E se davvero così fosse, vorrebbe dire che l’aria è cambiata sul serio.

Nemesi rumena

Berlusconi attende i risultati dei ballottaggi in Romania.
In Romania.
Siamo alla nemesi.

giovedì 19 maggio 2011

Amicizie

Cioè, adesso la Moratti cerca di virare la sua infamata sostenendo che vuole evidenziare come Pisapia, in passato, coltivasse amicizie nell’ambiente terroristico, amicizie che - a dire della parrucchiera di Palazzo Marino - lo renderebbero incompatibile con la carica di sindaco.
Amicizie.
E lei è del partito di Berlusconi.
Le amicizie.
Di Pisapia.
E quelle di Berlusconi.
Tipo Previti, condannato in via definitiva per corruzione in atti giudiziari, e ce l’aveva nominato addirittura ministro.
Oppure Dell’Utri, condannato in due gradi di giudizio (manca la Cassazione) per concorso esterno in associazione mafiosa, e due anni patteggiati per frode fiscale.
O, ai tempi, Craxi.
E anche Mangano lo stalliere, che addirittura il Berlusca l’aveva assunto ad Arcore negli anni Settanta, e poi Borsellino lo definì «una delle teste di ponte della mafia al nord»,  e fu condannato nel 2000 (poco prima di morire) all’ergastolo per duplice omicidio.
Continuiamo?
Le amicizie.
Sì, di Pisapia.
E il garantismo?
Magari un altro giorno.
Dopo le elezioni.
E la vergogna?
Quella mai.

INFO - Per errore questo post, che era di giovedì 12 maggio, ha cambiato di posizione. E non chiedetemi perché....

martedì 5 aprile 2011

Mogli di plastica e Paesi reali

C’è questo reality americano, si chiama Spose di plastica. E niente, una dozzina di future mogli gareggiano per aggiudicarsi una cerimonia faraonica e un restyling facciale di chirurgia estetica, col marito che rivedrà la consorte solo a cose fatte. E ci pensi un attimo e concludi che dài, è agghiacciante, ma com’è possibile che si sia arrivati a questo punto?

E però, allora. Allora non è solo l’Italia del berlusconismo. Non è solo il Cavaliere  che ha corrotto le anime, narcotizzando e rimbambendo un intero Paese tra telepromozioni e grandifratelli. Cioè, negli Stati Uniti adesso c’è Sant’Obama, speranza sia pur in parte delusa dell’agognato rinascimento mondiale. E prima di Bush c’era Clinton, un altro che Veltroni e compagnia ci han fatto una capa tanta.

E dunque è proprio vero, al netto delle analisi di Repubblica e affini e del «gli italiani ormai si sono rincoglioniti» - ritornello, questo, che però suona tanto come una scusa per nascondere l’incapacità del nostrano schieramento progressista di opporsi al populismo insopportabile elaborando una proposta credibile. E’ vero invece che Berlusconi non è tanto la causa, ma il prodotto di ciò che siamo diventati – plurale generico, di fronte al quale tutti in coro subito ripetono che «io no, io sono diverso». E comunque non è che sia una scoperta, ma nemmeno un discorso così inutile. Nel senso che è meglio ricordarsela, questa cosa, giusto per aver presente qual è la realtà – il Paese reale, no? – e come eventualmente agire, possibilmente senza spocchia, per cambiare le cose. Discutere. Convincere. Fare politica, insomma.

Perché negarlo è come fermare il vento con le mani. E in questo senso è certo paragone azzardato, ma ricorda l’atteggiamento della Lega di fronte al fenomeno dell’immigrazione, che si guarda i piedi per evitare di prendere atto di una realtà più generale. Cioè, son millenni che le popolazioni si spostano nella speranza di migliorare le proprie condizioni di vita – in seguito a carestie o guerre o quant’altro – e questi vogliono fermare i flussi con le espulsioni e gli accordi e i reati di immigrazione clandestina e le magliette di Calderoli
Ma vaccaghér.

giovedì 31 marzo 2011

La solitudine del clown
(ovvero: credete sia sempre facile fare il Berlusconi?)

...forza dài, che si va in scena...


E UN PIANO-COLORE PER RENDERE LAMPEDUSA SIMILE A PORTOFINO!

E LAMPEDUSA SEDE DI UN CASINO’!

E QUI BISOGNA FARE UN CAMPO DI GOLF!

E HO COMPERATO CASA QUI, DIVENTERÒ LAMPEDUSANO!

E CHISSA’ CHE ANCH’IO DOPO LA POLITICA NON APRA UN’IMPRESA DI PESCA!



…ma guarda che pagliacciate mi tocca fare, per salvare il culo.
e quelle teste di cazzo si mettono a far casino in Parlamento, che così mi rovinano gli applausi.
e intanto quegli altri stronzi vogliono farmi il processo e mettermi al gabbio.
a me, capito? a me che ho salvato l'Italia!
ma quando finirà? 
ma finirà?
depresso, sono depresso.
quasi quasi faccio una festa…

lunedì 7 marzo 2011

Piroette (e facce di tolla)


Ora, va bene tutto, ma che il giornale della famiglia Berlusconi - Berlusconi, quello delle festicciole con le signorine vestite da poliziotte o infermiere, presente? - e insomma, uno può polemizzare e schierarsi politicamente e anche sbraitare di penalmente irrilevante fino a negare palesi evidenze, è l'insopportabile ma ormai conclamato gioco delle parti, ma che il Giornale dia a qualcun altro del guardone, ecco, davvero significa non conoscere la vergogna.

Per non parlare di questo.

martedì 25 gennaio 2011

Italia travestita (ovvero: giochi di ruolo)

E al di là del fatto che vengano o meno provate le accuse, che poi è vero che lui è il capo del governo e dovrebbe avere anche più responsabilità di tutti gli altri, e insomma, certo che sono d’accordo. Ma qui si vorrebbe prenderla da un’altra parte, fare un altro discorso.

Perché in queste due settimane ho visto.

Decennali appassionati dei Rolling che da sempre s’esaltano per la loro vita spericolata e di recente hanno ululato di piacere leggendo di quante ne ha fatte e quante ne ha pippate Keith Richards e ai tempi si davano di gomito quando Bill Wyman sposò la quindicenne e che però adesso si mostrano «profondamente scandalizzati» - così mi ha detto, «sono profondamente scandalizzato» - per le serate del premier.

E d’altro canto cattolici tutti comunione e perbenismo e «questo non si fa» e «quest’altro nemmeno» e però stavolta far spallucce, «ma tanto non è vero niente, figurati! e se anche è vero sono fatti suoi, privati, di Silvio», e regolarmente va a finire che - pensa te - la colpa è di quelle svergognate che «si approfittano della generosità del Cavaliere».

E l’assistente di uno stilista che non si perde un festino ch’è uno e durante la settimana della moda dorme un’ora per notte e poi lo vedi magari il giorno dopo con due borse così sotto gli occhi e lui ti guarda e sogghigna e agita la mano scuotendo la testa «cioè, non puoi capire ieri sera...», e però adesso eccolo che recupera da chissà dove l’espressione indignata  ed è tutto un «ma che schifo Berlusconi! ma è una cosa mai vista!» eccetera eccetera (e anche Armani, che «provo un leggero senso di orrore»).

E poi la simpatizzante di destra che negli anni scorsi era tutto un urlo non solo contro il burqa ma persino contro il velo a coprire i capelli, e non c’era verso di instillarle alcun dubbio sul fatto che il problema non è così semplice, e lei a sbraitare che no, anche quelle a cui non viene imposto con la violenza fisica sono comunque culturalmente violentate nell’anima, e «il rispetto della dignità femminile», e «la tradizione islamica che le rende schiave inconsapevoli», e adesso invece le tiri fuori ‘sto puttanaio e le ragazze a far la fila per sculettare un po’ di bunga-bunga e le ricordi quei ragionamenti sulla dignità femminile e le schiave inconsapevoli, e lei a cambiar discorso o rifugiarsi in corner nel consueto «ma cosa c’entra?».

E progressisti che s’esaltavano per Luxuria in Parlamento, e quando si parlava delle sue passate esperienze di prostituzione - scelta e non imposta - s’incazzavano di brutto, «è una parlamentare, sì, e allora? son fatti suoi quello che ha fatto e fa a casa sua, no?», e adesso però si schifano per le seratacce del trio Silvio-Lele-Emilio e ne dicono di ogni su quelle ragazze dall’indecente condotta.

E conservatori che sbraitavano contro Luxuria in Parlamento, e di fronte a quelli che obiettavano di giudicarla per quello che faceva non a casa sua ma in aula, indossavano l’espressione sdegnata «e insomma, addirittura in Parlamento, che scandalo, e poi paghiamo noi», e ora invece son tutti lì a invocare la privacy, «ma Silvio a casa sua può fare quello che vuole, no?», e se gli fai notare che le sue signorine diventano parlamentari o consiglieri regionali, ecco, si girano dall’altra parte.

E musicisti che durante gli anni d’oro hanno scopato l’impossibile e cornificato compagne con cadenze compulsive e anche loro son tutti scandalizzati, «ma che vergogna! e chissenefrega se non è un reato, è comunque uno schifo! e aveva ragione la moglie» e via così.

E filo-leghisti che ogni volta son lì a rompere i coglioni perché bisogna indagare di più e mandare più uomini «e chissenefrega se quei negri sono povericristi, devono levarsi dai coglioni», e adesso ecco che se la prendono – un po’ sottovoce, per la verità – con i mezzi spropositati usati dai magistrati contro Berlusconi «perché si sa che ce l’hanno con lui» (loro invece sì, che sono equilibrati e lottano perché si affermi un vero stato di diritto).

E ancora: avvocatesse in carriera che hanno più gomma in corpo loro che l’omino Michelin mostrarsi inorridite, «ma queste ragazze, ma come si conciano? ma le hai viste? ma che volgari...».

E anche capiufficio da cinquanta e oltre che le sottoposte evitano accuratamente di trovarsi sole con loro per via delle continue e imbarazzanti avancés e allusioni, e adesso ridacchiano sul Berlusca satiro, «ma che figura, dài… ma perché non si controlla?».

Ed ecco, quello che vorrei dire è che ci vuole tutta, per uscire da questa vicenda con un’Italia perfino peggiore di quella attuale.
Ma ce la possiamo fare.

Vescovi, cerchi, botti e doppie file

Ora, non è che si vuol sempre far le pulci ai sacerdoti né impedir loro di parlare - basta però non si dica, com’è successo, che qui in Italia i cattolici sono «discriminati» per le loro opinioni, ché invece la loro influenza sulle decisioni governative è fin troppo smaccata. In ogni caso, adesso se ne esce Bagnasco a dir la sua sul caso Ruby. E insomma, ognuno la può pensare come vuole, e peraltro è anche comprensibile che il cardinale rimarchi il «disagio morale» del Paese. Nel senso che, così facendo, rimanda a temi in qualche modo connessi con quelli su cui “lavora” la Chiesa, tipo la concupiscenza, la promiscuità sessuale, il rapporto fra carnalità e sentimento, persino i sempre tanto decantati rapporti e vincoli matrimoniali, visto che il premier è formalmente ancora sposato (senza contare che, per la Chiesa, non dovrebbero essere considerate valide nemmeno le seconde nozze con Veronica, ma tant’è). Come dire: la morale privata che però, visto che la vicenda coinvolge il capo del governo, diventa anche etica pubblica.
E però, scusate, che cosa c’entra - nella veste di capo dei vescovi - criticare «l’ingente mole di strumenti d’inchiesta»? Cos’è, Bagnasco ora fa il giudiziarista?

L’impressione, dunque, è che la Conferenza Episcopale abbia in qualche modo “dovuto” intervenire sulla vicenda Ruby-Berlusconi, anche per dar voce alle perplessità di molti cattolici e persino di alcuni porporati, e però – al di là dei titoloni dei quotidiani – l'abbia fatto senza troppa convinzione. D’altro canto, non ha perso occasione per ribadire che, allo stato attuale, il cavallo su cui punta è ancora proprio Berlusconi. Che, se passerà la buriana, non mancherà di sdebitarsi, come d’altronde ha sempre fatto in questi anni.

A questo punto, comunque, ci si attende una dura presa di posizione di Bagnasco anche contro le auto in doppia fila, che qui a Milano è problema molto sentito e smuove le coscienze – nel senso che volano sacramenti.

mercoledì 19 gennaio 2011

Il Pd e la sindrome del giaguaro («aspetta, aspetta...»)

Cioè, l’attuale situazione è questa.

Berlusconi, al di là della rilevanza penale di quanto rivelato dall’inchiesta milanese, è completamente sputtanato, e il mondo gli/ci ride dietro.
«Aspetta, aspetta».

Il Paese è in profonda crisi economica, certificata dalla Banca d’Italia, e sociale, con una crescita impetuosa della disoccupazione.
«E noi aspettiamo, mica ci caschiamo, eh…».

Alitalia, uno dei temi su cui il centrodestra ha puntato per vincere le elezioni del 2008, sta tornando a distribuire casse integrazione, ed è sempre più chiaro che finirà presto in mano ad Air France – cioè, per la verità lo è già, essendo la compagnia francese azionista di maggioranza e però avendo pagato un decimo di quello che avrebbe sborsato se, due anni e mezzo fa, la trattativa al tempo ben avviata non fosse stata bloccata proprio dal Berlusca.
«E tu aspetta…».

Ormai è chiaro che l’emergenza-rifiuti di Napoli – altro “successo” sbandierato dall’attuale governo – non è affatto risolta.
«Aspetta, che ancora non è il momento».

Pompei, il museo a cielo aperto più famoso del mondo, sta letteralmente cadendo a pezzi.
«Come come? No no, aspetta».

Il Pdl, maggior partito di maggioranza, ha da poco sofferto una traumatica scissione.
«E noi aspettiamo, vedrai poi che agguato, c'abbiamo un piano, c'abbiamo».

E insomma, per dire che questa situazione farebbe la “gioia” – nel senso biecamente elettorale del termine - di qualunque opposizione in qualunque Paese. E il nostro Partito Democratico? No, il Pd non vuole votare - «aspetta, aspetta» - e si nasconde dietro il “senso di responsabilità”  perché teme ugualmente di perdere, anche (ma non solo) perché al suo interno si scazza un giorno sì e l’altro pure. E ci tocca pure sentire Bersani che «no, noi non le temiamo, le elezioni» (e però allora sarebbe roba da tso).

Così sta messo il centrosinistra nostrano.

martedì 18 gennaio 2011

La nannina di Silvio

Sulla vicenda bunga bunga ecco allora qui e qui un paio di riflessioni che, per quel che conta, sottoscrivo in pieno. 
Ma insomma, anche al di là dell’inchiesta penale - che se ne è letto e se ne leggerà i pacchi - quello che impressiona davvero è l'aspetto umano, e per favore togliete il sorrisino dalla faccia. Nel senso, come Berlusconi s'è ridotto. E cioè, c’è questa Ruby che rilascia l’intervista e parla di lui, in sostanza raccontando che «all'aspetto può sembrare felice, c'ha tutti quei soldi, c'ha tutta quella carriera, tutto quello che tocca diventa oro», e poi però «è un uomo solo e infelice», e non è per dire, ma - tanto per ribadire - Ruby Rubacuori (sic) sta parlando del presidente del Consiglio. 
E poi adesso è venuta fuori quell’altra, si chiama Evelina Manna, anch’essa attricetta o soubrette o non so che cosa, e rilascia l’intervista a Oggi e si rivende la sua fettina di Berlusconi intimo. Ed ecco che con lui, con il capo del governo, ha dormito «a seggiolina, stretti stretti», lui la chiama «la nannina» e però lui va a letto «con una mentina, una caramella Iodosan», perché «gli piace essere profumato», e poi a lei però «non interessa niente di quello che lui può fare a livello di puro intrattenimento», no, perché a lei «interessa il cuore». E poi rivela che era arrabbiata per alcune registrazioni «piccanti, direi spinte» che coinvolgevano Silvietto suo, e allora lui le fece telefonare «da Bubu, il nipotino Alessandro, il figlio di Barbara. Come fai a non far pace con uno così?».

Così parlano di lui. Così s’è ridotto l'uomo che, da qualunque parte la si veda, ha dominato la scena politica italiana negli ultimi sedici anni. In qualche modo vittima della rappresentazione del mondo che lui stesso - nel senso delle sue tivù - ha creato e diffuso, e drivein e veline e tetteeculi e l'immagine-prima-di-tutto e emiliofede e via dicendo (non che nel resto del mondo sia così diverso, ma insomma, in Italia c'ha pensato lui). Come dire, è il biscione che si morde la coda.

Qui va a finire che s’ingaggia da solo per l’Isola dei Famosi. Dice: ma no, che l'Isola è Rai, mica Mediaset. Ecco, qui poi si entra in un altro discorso. Meglio fermarsi.

domenica 16 gennaio 2011

L'amore segreto

Clamorosa rivelazione di Berlusconi: «Ho un rapporto stabile con una donna».
Giornalisti a caccia della fidanzata segreta.

mercoledì 15 dicembre 2010

Punto e a capo

Qualche inutile considerazione di un dubbioso incazzato.

1) Sul fatto che Fini abbia deluso nei momenti decisivi, come quei discreti giocatori che però non riescono mai a diventar campioni, hanno scritto un po’ tutti. Dopo Almirante, il Fronte, l’Msi, An, sedici anni fianco a fianco con Berlusca, ultimamente c’era chi – anche e soprattutto a sinistra – lo dipingeva come il nuovo fenomeno della politica italiana. Il Maradona. Ma rischia invece di restare un Maiellaro qualunque. Poi possiamo giustamente indignarci per il mercato dei parlamentari, e però ricordando che trattasi di abitudine diffusa da una parte e dell’altra, basta dare un’occhiata qui.




2) In tutta questa vicenda è emersa ancora una volta l’inconsistenza  - più che altro l'irrilevanza - dell'attuale “sinistra”, e del Partito Democratico in particolare. Per mesi la politica, l’opposizione al governaccio, le speranze di un cambio d’orizzonte, tutto è rimasto all’interno dei confini del centrodestra. Mentre dall’altra parte, illudendosi che il regno del Cavaliere fosse davvero alla fine – e comunque, non è ancora detto che non lo sia -, ci si limitava a prefigurare improbabili alleanze con Fini, e più che altro ci si scornava su questioni incomprensibili: ed ecco Bersani che litiga con Renzi, D’Alema (ancora?) che litiga con Veltroni (ancora?) e poi fanno la pace (ancora?), Vendola che cerca d’inserirsi. Uno spettacolo inverecondo. Salvo poi convocare la solita, inutile, retorica manifestazione del sabato pomeriggio. E intendiamoci, dimostrare fisicamente la propria insofferenza va anche bene. Ma poi ci vorrebbe pure qualcos’altro. Tipo un’idea, una proposta degna di questo nome. Una faccia, cazzo. O, perlomeno, smetterla di dar l'impressione di discutere soltanto di questioni tattiche, alleanze, fronti più o meno comuni. Per dire, il primo esempio che viene in mente: è uscita la prevedibile notizia che la pressione fiscale, con Berlusconi al governo, è aumentata. Si è sentito qualcosa, da sinistra? Poco o niente.

3) Ma quel che sempre di più è evidente è la totale inutilità dei vari dipietri, popoliviola, grillini e via dicendo. E quando ne parli con gli amici che invece aderiscono al movimento à la page in quel momento, ecco che la girano dandoti del collaborazionista, «almeno noi facciamo qualcosa».  E non c’è modo, nemmeno facendo notare come la banda Grillo già stia mostrando dinamiche da setta religiosa, e ‘sto popolo viola mobilita quattro gatti non di più, e le bordate di Di Pietro son roba da vergognarsi. E mica si vuol negare il valore di una sollevazione di coscienze: va bene, sfanculate/sfanculiamo tutto e tutti, e sicuro che inizialmente si prenderanno tanti (facili) applausi, e poi vai con le spillette, e le convention, i meet-up, i siti internet. Ma non basta, cazzo. Non basta cantarsela uno con l’altro, ché altrimenti si arriva alla masturbazione collettiva. Come detto, ci vuole anche dell'altro. Campagne che vadano al di là delle generiche parole d’ordine che significano tutto e niente, un altro modo di parlare e di porsi. Meno annizero, più incontri nelle sezioni di paese. Ci vuole che, oltre a manifestare il ribrezzo per Berlusconi, si passi il tempo  - più tempo, cazzo, più tempo – a costruire un’alternativa credibile, riconoscibile. Che sia in grado di discutere anche con i tanti delusi da questo governaccio, e a cui però non basta dirgli «Berlusconi fa schifo» per convincerli a votare uno come Bersani: piuttosto non votano. E' davvero così incomprensibile?

E poi, un’ultima cosa: ci si lamenta dei cosiddetti black bloc, che – ed è verissimo – di fatto annullano le buone ragioni  dei tantissimi che invece protestano pacificamente. Ma scusate, ma se uno definisce Berlusconi un dittatore, un «Noriega» (Di Pietro dixit), uno tipo Mussolini, ma allora come si fa a dire a questi stronzi che non devono assaltare e menare e incendiare? Un dittatore, un dittatore vero, si combatte anche con la guerriglia, no? E allora di che cosa ci si lagna?

martedì 14 dicembre 2010

Silenzio: classe dirigente al lavoro
















Risse, cori da stadio, minacce, gestacci. Ma ci meritiamo una classe politica così allucinante? Forse sì.

Ed è di Cazzullo, su Corriere.it, il commento definitivo: «Non c’è dubbio che per B. sia una grande vittoria politica e la conferma della regola fondamentale della sua vita: qualcuno da comprare si trova sempre».

lunedì 13 dicembre 2010

Il debito eterno

Ora, non è proprio argomento di stringente attualità, nel senso che adesso è invece il momento della pantomima sul genere fiducia sì / fiducia no, elezioni sì / elezioni no e quant’altro. E però, insomma, resta uno dei ritornelli più frequentemente recitati dal Berlusconi premier – ché invece, quando non dorme a Palazzo Chigi, l’argomento lo evita accuratamente. E, per quanto ci riguarda, anche uno dei più irritanti.

E dunque, ancora ieri l’ha ripetuta, questa storia dell’«abbiamo [nel senso che il suo governo ha] abbiamo ereditato il terzo debito pubblico del mondo», e poi via con l'elenco degli invisibili miracoli ottenuti grazie al suo governare, e per l’appunto nonostante 'sto debito pubblico ereditato. Che va bene, è anche vero che il fardello ce lo trasciniamo da decenni. Ma Berlusconi è diventato presidente del Consiglio la prima volta nel 1994, dunque 16 anni fa. Peraltro, il centrodestra di cui il Cavaliere è uomo-squadra ha governato otto anni negli ultimi dieci. Periodo durante il quale la spesa pubblica è addirittura aumentata, e il debito che grava sulle nostre capocce non è arretrato di un millimetro. 

E quanto deve ancora durare questo refrain del «debito pubblico ereditato»? Per dire, è come se all’inizio degli anni Sessanta l’avessero ancora menata con i disastri della Guerra Mondiale.

UPDATE - Come volevasi dimostrare:  «Nuovo record per il debito pubblico italiano, che nel mese di ottobre ha raggiunto i 1.867,398 miliardi di euro, contro gli 1.844 miliardi del mese di settembre. È quanto si legge nel supplemento al Bollettino di Finanza Pubblica di Bankitalia».

sabato 4 dicembre 2010

Nota politica
















Berlusconi è andato in Russia.
Ha detto che non c’è nessuno alla sua altezza (…).
Poi che l’unico legittimato a governare è lui.
E che Fini è una bufala.
Che tanto i voti lui li ha (Berlusconi).
E Fini ha detto che invece il governo non ha più la maggioranza in Parlamento.
Ma ecco ancora Berlusconi che tanto se il governo viene sfiduciato si va a votare.
E Fini che andare a votare è da irresponsabili.
Bossi ha detto che aauarrghassrachas.
Tutti l’hanno guardato e hanno detto: eeeeehhhh?
Bossi ha ridetto che gliel’aveva già detto, a Silvio, che bisognava andare a votare. E che comunque votare o no alla Lega non gliene frega un cazzo, tanto la Lega sta col popolo del Nord.
Casini ha detto che anche Letta andrebbe bene, basta che Berlusconi si levi dalle palle.
Enrico Letta l'ha sentito e si è alzato.
Casini ha sbuffato e gli ha detto che no, si risedesse, è Gianni, parlava di Gianni, e cazzo la deve smettere che ogni volta che si dice Letta lui si gira. Letta è Gianni Letta, lui invece è Enricoletta, tutto attaccato.
Farefuturo ha scritto che bisogna fermare la deriva.
Rutelli ha detto che serve la convergenza e la larga intesa (testuale).
S’è inserito per un attimo Napolitano a dire di stare calmi, che tanto il presidente della Repubblica ha le sue prerogative.
Verdini gli ha risposto che non deve rompere i coglioni.
A questo punto s’è svegliato Bersani che se l’è presa per le parole gravi e offensive contro il capo dello Stato.
Infine Vendola ha concluso che comunque è giusto porre la questione delle primarie.

Pietà, vi prego.

lunedì 29 novembre 2010

Tu quoque Obama

Siamo soltanto all’inizio, e già la diffusione da parte di Wikileaks dei report diplomatici più o meno segreti – qui sul Post uno schema per capirne – stanno provocando sconquassi mediatici planetari – politici meno, poi si vedrà. Per ora sul nostro presidente del Consiglio non è nemmeno uscito granché – cioè, granché dal punto di vista italico, ché ormai siamo abituati a tutto: nel senso, del suo quasi patologico puttaneggiare se ne sapeva eccome, e anche del suo godere nel prestarsi a scendiletto di Putin. E lui, Berlusca, per ora se la cava con una sorta di mussoliniano «me ne frego» (poi bisognerà vedere se uscirà qualche imbarazzante retroscena dei suoi affarucci con l’amico Vladimir, ma allo stato attuale non ce n'è traccia). In ogni caso, Palazzo Chigi ha poco da far spallucce: i giudizi dell’ambasciata americana rispecchiano tristemente ciò che dell’Italia si pensa nel mondo. E non è proprio il massimo.

C’è però una prima, importante vittima di quest’operazione, i cui contorni restano per la verità piuttosto sfocati. Ed è la stereotipata immagine di Barack Obama. L’Obama buono, dialogante, il messia che avrebbe finalmente rimesso in moto il progressismo mondiale. L’uomo nuovo che prima dell’elezione alla Casa Bianca ci aveva conquistato tutti, me per primo. E insomma, già nei mesi scorsi si era parlato di come, in Afghanistan, bombardi che sembra Bush, e con gli stessi scarsi risultati. Poi, dopo la bastonata repubblicana delle elezioni di mid-term, lo senti preannunciare che la sua epocale riforma sanitaria andrà per forza annacquata. E adesso vien fuori che la sua amministrazione, tramite Hillary Clinton, faceva spiare i vertici delle Nazioni Unite – ricordate quando noi e molti altri s’insultava Bush perché se ne sbatteva dell’Onu? – e, alla faccia del multilateralismo, considera richieste ed esigenze dell’Europa meno di zero. Addirittura Julian Assange, che di Wikileaks è il centravanti, definisce quello di Obama «un regime contro la libertà di stampa». Pensa te.

La verità è che dell’America, qui dall’altra parte dell’oceano, abbiamo sempre capito poco.