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sabato 18 giugno 2011

Oh, scusa, ma tu da che parte stai?

Ma insomma, è possibile essere profondamente ostili a Berlusconi e tutto quel che rappresenta e però trovare insopportabile il conformismo dei discorsi di troppi antiberlusconiani, che quando cominciano a parlare d’un qualche argomento già sai in partenza quali sono premesse e svolgimento e conclusione, e se poi provi a discuterne ti rendi conto che hanno ben chiaro lo schema e poi chissenefrega di metterlo in discussione tanto è così? (...e quando non sanno che cosa controbattere a una tua eventuale contestazione, ecco che parte il “ma cosa c’entra?”).

E si può considerare la riorganizzazione del mercato del lavoro un problema essenziale e prioritario di questo Paese, e però accorgersi d’essere ormai insofferente al comizio del solito precario in favor di telecamera che è tutto uno slogan che più generico e denagogico non si può?

E si può amare artisticamente Benigni e i suoi film (non tutti, però) e apprezzarlo quando legge Dante e anche quando dispensa retorica sull’inno, e però trovarlo noioso e stancamente prevedibile quando salta in braccio e si butta per terra e ripete per l’ennesima volta la gag del pinocchietto monellaccio?

No, perché poi succede come al solito: che ti schifano sia da una parte, sia dall’altra.

Mi sa che ho bisogno di una vacanza.

martedì 5 aprile 2011

Mogli di plastica e Paesi reali

C’è questo reality americano, si chiama Spose di plastica. E niente, una dozzina di future mogli gareggiano per aggiudicarsi una cerimonia faraonica e un restyling facciale di chirurgia estetica, col marito che rivedrà la consorte solo a cose fatte. E ci pensi un attimo e concludi che dài, è agghiacciante, ma com’è possibile che si sia arrivati a questo punto?

E però, allora. Allora non è solo l’Italia del berlusconismo. Non è solo il Cavaliere  che ha corrotto le anime, narcotizzando e rimbambendo un intero Paese tra telepromozioni e grandifratelli. Cioè, negli Stati Uniti adesso c’è Sant’Obama, speranza sia pur in parte delusa dell’agognato rinascimento mondiale. E prima di Bush c’era Clinton, un altro che Veltroni e compagnia ci han fatto una capa tanta.

E dunque è proprio vero, al netto delle analisi di Repubblica e affini e del «gli italiani ormai si sono rincoglioniti» - ritornello, questo, che però suona tanto come una scusa per nascondere l’incapacità del nostrano schieramento progressista di opporsi al populismo insopportabile elaborando una proposta credibile. E’ vero invece che Berlusconi non è tanto la causa, ma il prodotto di ciò che siamo diventati – plurale generico, di fronte al quale tutti in coro subito ripetono che «io no, io sono diverso». E comunque non è che sia una scoperta, ma nemmeno un discorso così inutile. Nel senso che è meglio ricordarsela, questa cosa, giusto per aver presente qual è la realtà – il Paese reale, no? – e come eventualmente agire, possibilmente senza spocchia, per cambiare le cose. Discutere. Convincere. Fare politica, insomma.

Perché negarlo è come fermare il vento con le mani. E in questo senso è certo paragone azzardato, ma ricorda l’atteggiamento della Lega di fronte al fenomeno dell’immigrazione, che si guarda i piedi per evitare di prendere atto di una realtà più generale. Cioè, son millenni che le popolazioni si spostano nella speranza di migliorare le proprie condizioni di vita – in seguito a carestie o guerre o quant’altro – e questi vogliono fermare i flussi con le espulsioni e gli accordi e i reati di immigrazione clandestina e le magliette di Calderoli
Ma vaccaghér.