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domenica 26 giugno 2011

Un tiro alla fune spezzerà la Lega

LEGA: SI SPEZZA FUNE, TRENTA CONTUSI E DUE SOSPETTE FRATTURE (ANSA)

SESTO CALENDE (VARESE), 26 GIU - Sono una trentina, secondo quanto si è appreso sul posto, i contusi e due le sospette fratture fra i militanti leghisti caduti a terra oggi pomeriggio, quando alla festa della Lega di Sesto Calende, si è spezzata la fune che era stata tesa sul Ticino per la sfida tra le due sponde. La manifestazione lungo il fiume si è poco dopo conclusa, ovviamente più in fretta di quanto previsto. Sul lungofiume di Sesto Calende è fra l'altro arrivato da poco il leader della Lega Nord Umberto Bossi. A piazza ormai semivuota, Bossi ha rinunciato al previsto intervento dal palco e si è seduto a sorseggiare una bibita ai tavolini all'aperto di un bar, senza fermarsi a parlare coi giornalisti. Il leader del Carroccio è in compagnia, tra gli altri, del capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, del presidente del Piemonte, Roberto Cota, del capo delegazione all'Europarlamento Francesco Enrico Speroni e dell'europarlamentare Mario Borghezio. (ANSA). YN9-GNN/KO 26-GIU-11 18:48 NNN 

Ecco, quel che Pizzul chiamerebbe "ironia della sorte".
E questi, per dire,  son quelli che "a noi non ci fregate", "vi spacchiamo il culo", "la Lega ce l'ha duro" e amenità del genere.

E la speranza è proprio questa, che finiscano per strozzarsi con un tozzo di polenta, soffocarsi per un rutto, affondare nella paura autoinflitta per mancanza di persone disposte ad aiutarli, perdersi in un luogo comune.

Schiacciati dalla loro ostentata e inesorabile ignoranza.

lunedì 30 maggio 2011

Milano non ha (più) paura

E niente, al netto delle esultanze - anche comprensibili - tutte palloncini e cotillons, ci pare che queste elezioni abbiano evidenziato soprattutto due cose.

1) Un tempo - e pare un secolo fa - era proprio Berlusconi che si poneva, e per la verità veniva da molti percepito, come il volto sorridente e ottimista della “nuova politica” (che nuova lo fosse nient’affatto poi lo si è visto), così contrapponendosi ai polverosi e risentiti discorsi dei politici di professione. E insomma, questa sensazione oggi s’è ribaltata, con la muta rabbiosa degli esponenti di centrodestra a gridare scomposta e dispensar terrori e presentarsi con un’immagine torva e inquietante, sepolta - soprattutto a Milano - da una secchiata d’ironia.
Ecco, l'ironia.
Ed è svolta importante, anche quest'ultima - l'ironia come "arma elettorale" -, dopo che per anni la cifra del centrosinistra era stata unicamente quella del “dàgli al Cavaliere”.
L'ironia libera tutti.

2) Ma, soprattutto, da questa tornata vien fuori che la gente - la gente di centrodestra, soprattutto, ché dall'altra parte la percezione era già diversa - non ha più paura.
Imprevedibile, ma è così: non ha più paura.
Dei clandestini, degli islamici, dei comunisti.
Cioè, non basta più.
Nel senso, magari se ne preoccupano, ma non si teme più l'invasione dei barbari, s'è capito che è una cazzata inventata ad arte. Questa perlomeno è la netta impressione. Agli inizi degli anni Novanta, quando esplose la Lega, l’Italia conosceva la prima vera ondata migratoria, soprattutto dai Paesi dell’Est e dai Balcani - gli albanesi, ricordate? Ai tempi la sinistra sottovalutò il normale timore che nasce nella maggioranza della gente di fronte a fenomeni di questo genere, così lasciando campo libero ai richiami razzistoidi del Carroccio - occhio che questi sono delinquenti, ci stuprano le figlie, chiudetevi in casa, e poi ci rubano il lavoro e via dicendo. Impostazione poi rivitalizzata dopo l’11 settembre, solo con una più accentuata caratteristica anti-islamica.
Ecco, la politica della paura è stata cavalcata a ogni appuntamento elettorale, in tutti questi anni. Ma, nel frattempo, la gente ha avuto la possibilità di metabolizzare - in questo senso sì, Milano è l’avanguardia. Confrontandosi tutti i giorni con “lo straniero”. Discutendo nei consigli di classe. Vedendo lavorare i manovali immigrati. Mangiando le pizze cucinate dagli egiziani. Arrivando a capire che, cristosanto, c’è certo differenza fra criminali e brave persone, ma non in base al luogo di nascita.

Arrivando a capire che non c’è nulla di cui aver paura.

E se davvero così fosse, vorrebbe dire che l’aria è cambiata sul serio.

lunedì 11 aprile 2011

Contrappasso padano

Adesso Maroni e gli altri verdastri padani han pure la faccia di dire che «vedremo se abbiamo di fronte un’Europa unita e solidale oppure no», e il ministro lo dichiara perché Francia e Germania -  e questo è un fatto innegabile – oppongono un atteggiamento indifendibile di fronte alla marea di migranti disperati che quotidianamente fugge dal nord Africa per dirigersi nel cuore d’Europa, Francia e Germania comprese.

Tornando ai leghisti, questi - spalleggiati dall'amico Silvio - in sostanza concludono che allora no, forse non ha senso restare nell'Unione Europea, tanto varrebbe uscirne - posizione invero mica tanto nuova, dalle parti di Pontida. E però ci sarebbe anche da dire che proprio Francia e Germania stanno opponendo all’Italia l’atteggiamento che la stessa Lega ha sempre tenuto nei confronti dell’immigrazione, e che tutt’oggi terrebbe se fosse l'Italia - anzi, la Padania - al loro posto, vale a dire «i negri straccioni non li vogliamo, teneteveli e fatti vostri».

Ce ne sarebbe da rifletterci su, se i leghisti fossero persone serie.
Non lo faranno.

martedì 5 aprile 2011

Mogli di plastica e Paesi reali

C’è questo reality americano, si chiama Spose di plastica. E niente, una dozzina di future mogli gareggiano per aggiudicarsi una cerimonia faraonica e un restyling facciale di chirurgia estetica, col marito che rivedrà la consorte solo a cose fatte. E ci pensi un attimo e concludi che dài, è agghiacciante, ma com’è possibile che si sia arrivati a questo punto?

E però, allora. Allora non è solo l’Italia del berlusconismo. Non è solo il Cavaliere  che ha corrotto le anime, narcotizzando e rimbambendo un intero Paese tra telepromozioni e grandifratelli. Cioè, negli Stati Uniti adesso c’è Sant’Obama, speranza sia pur in parte delusa dell’agognato rinascimento mondiale. E prima di Bush c’era Clinton, un altro che Veltroni e compagnia ci han fatto una capa tanta.

E dunque è proprio vero, al netto delle analisi di Repubblica e affini e del «gli italiani ormai si sono rincoglioniti» - ritornello, questo, che però suona tanto come una scusa per nascondere l’incapacità del nostrano schieramento progressista di opporsi al populismo insopportabile elaborando una proposta credibile. E’ vero invece che Berlusconi non è tanto la causa, ma il prodotto di ciò che siamo diventati – plurale generico, di fronte al quale tutti in coro subito ripetono che «io no, io sono diverso». E comunque non è che sia una scoperta, ma nemmeno un discorso così inutile. Nel senso che è meglio ricordarsela, questa cosa, giusto per aver presente qual è la realtà – il Paese reale, no? – e come eventualmente agire, possibilmente senza spocchia, per cambiare le cose. Discutere. Convincere. Fare politica, insomma.

Perché negarlo è come fermare il vento con le mani. E in questo senso è certo paragone azzardato, ma ricorda l’atteggiamento della Lega di fronte al fenomeno dell’immigrazione, che si guarda i piedi per evitare di prendere atto di una realtà più generale. Cioè, son millenni che le popolazioni si spostano nella speranza di migliorare le proprie condizioni di vita – in seguito a carestie o guerre o quant’altro – e questi vogliono fermare i flussi con le espulsioni e gli accordi e i reati di immigrazione clandestina e le magliette di Calderoli
Ma vaccaghér.

giovedì 17 marzo 2011

Leghisti in purezza

E insomma, è una rarità, ma quando dal Pd arrivano dichiarazioni in qualche modo condivisibili, ecco, bisogna sottolinearlo. Così han detto: «Quelli della Lega sono dei cialtroni». E siamo d’accordo, siamo. E qui non si tratta di pregiudizi verso chi non la pensa al tuo stesso modo, figuriamoci. E nemmeno di allinearsi alla francamente insopportabile retorica sull’unità di patria – ora brandita da chi, invece, è sempre pronto a sparacchiare sugli italiani, oppure è cresciuto politicamente nell’esaltazione dell’internazionalismo contrapposto proprio al concetto di patria. Senza contare che uno mica è obbligato a festeggiare qualcosa che per lui nulla rappresenta, ci mancherebbe. Ma cazzo, tornando alla Lega-partito, questi se ne escono dalle aule quando viene suonato l’inno nazionale, e poi però son lì a sbavare per una poltrona nel governo della REPUBBLICA ITALIANA, e soprattutto - lo diciamo come paradosso, ma neanche tanto -  pretendono di avere l’ultima parola sulle questioni inerenti la concessione della cittadinanza proprio da parte della REPUBBLICA ITALIANA. E che cazzo, padani, un po’ di coerenza, no? Come detto, l'omaggio all'unità d'Italia certo non s'impone, non sia mai, ma almeno siate chiari e tornate a reclamare la secessione, ché così vi si riconosce senza troppe ipocrisie.

Nei giorni scorsi, poi, qualcuno di questi ha pensato bene di riproporre il demenziale provvedimento che vieterebbe - o comunque limiterebbe - l’apertura di negozi e botteghe direttamente o indirettamente legate a culture considerate ostili - e dunque, per dire, stop a kebab e parrucchieri cinesi e phone-center. E questo in nome di che cosa? Di una sorta di “protezionismo pseudo-culturale”? In nome della “sicurezza”? Oppure dell’orgoglio “padan-gastronomico” della casoeula?  La verità è che questo timore d’essere “colonizzati” – dagli islamici o da chi per essi – rappresenta una chiara ammissione di debolezza e impotenza culturale.  Ed è la paura che può trasformarsi  in violenza - normativa, figurata o persin fisica - e su cui, in passato, ha prosperato la segregazione razziale. E però, quando lo dici, subito ti rispondono che «no, dài, adesso esageri». Dimenticando  la proposta sempre leghista di creare vagoni in metrò riservati agli italiani e altri agli stranieri – ma è solo uno dei tanti esempi. Il fatto è che, ormai, uscite di questo genere sono state derubricate a folclore, e chi s’indigna o s’incazza diventa subito un buonista. Ed è poi in questo modo che atteggiamenti di questo genere sono andati consolidandosi, sono diventati quasi normali e politicamente tollerati, «i leghisti? ma sì, loro sono così…». Così un cazzo.

Che poi, che cosa vogliono salvaguardare? L'integrità etnica del ceppo? Non vogliono mischiarsi per restare culturalmente e gastronomicamente e magari anche fisicamente “puri”? Occhio, perché se alla fine la spuntassero, potremmo ritrovarci  in un paese in cui sono tutti come questi tre qui sotto.



E fate voi se è un bel vedere.

lunedì 20 dicembre 2010

Stile Gasparri

E comunque, il problema non sono tanto le consuete sparate fascistoidi di Gasparri sugli arresti preventivi e gli assassini in corteo – ché proprio non sorprendono -, quanto capire se raccolgano il favore degli elettori di Pdl e Lega, vale a dire di quella che allo stato attuale rappresenta la maggioranza dei votanti. Nel qual caso sarebbe sì grave davvero, conferma (ennesima) che i basilari concetti alla base di una concezione liberale dello Stato sono ormai del tutto dimenticati, in nome di un dibattito politico che riesce a raggiungere livelli di rozzezza degni del peggior barsport.

E tra l’altro, per quanto riguarda gli arresti preventivi, il riferimento di Gasparri all'inchiesta del '79 su Autonomia Operaia è del tutto fuori luogo, e ne dimostra la malafede o quantomeno l’ignoranza. Nel senso che, allora, i vertici di Aut Op furono arrestati perché ritenuti comunque responsabili di un reato commesso – il pm in sostanza ipotizzava che fossero il livello pensante che manovrava i brigatisti responsabili del sequestro Moro -, ipotesi di reato poi rivelatasi giuridicamente inconsistente. E dunque, nemmeno allora si arrivava a invocare l’arresto ancor prima che l’eventuale delitto fosse commesso, questo sì un mostro giuridico.

Tornando alle eventuali opinioni favorevoli alla sciocchezza-Gasparri, la prima reazione potrebbe essere quella di rinunciarci, di arrendersi di fronte all’evidenza che gran parte degli italiani si dimostra ormai del tutto assuefatta, pronta ad annuire a qualunque bestialità, o comunque a non farci caso. E invece no, è ancor di più necessario parlare, argomentare, far capire come sia una perversione politica lucidamente perseguita, quella di continuare a coltivare la frustrazione effetivamente esistente e anzi montante, alimentando e mantenendo ad arte una costante sensazione d’insicurezza su cui far leva strumentalmente. In sostanza, ci fanno vivere di merda autoeleggendosi a soluzione del presunto problema, che però non viene mai risolto proprio perché, altrimenti, perderebbe di senso la loro stessa ragione sociale.

Anche perché, quando non è più possibile nasconderla, la presa in giro emerge fragorosa. E l’opposizione, per dimostrare di essere uno schieramento politico degno di questo nome (...), dovrebbe evidenziarle con forza, queste contraddizioni. Molto più che accanendosi contro il Berlusconi puttaniere o quant’altro, strategia che - come s’è visto - non solo non paga, ma è addirittura controproducente.
Tipo, tanto per fare un esempio e restando in argomento sicurezza: adesso la Regione Veneto ha necessità di tagliare il bilancio, dunque diminuendo le spese. E che cosa succede? Succede che vengono diminuiti anche i fondi destinati proprio alla sicurezza. Ragion per cui d’improvviso il leghista Gian Paolo Gobbo – sindaco di Treviso ed erede di quello “sceriffo” Gentilini che dava delle scimmie agli immigrati e sbraitava contro i delinquenti che infestavano il nordest e voleva le ronde e tutte le stronzate di rito padano –, e insomma 'sto leghista Gobbo ora dice che «soldi non ce ne sono, in ogni caso la sicurezza non è più un’emergenza». Capito? Han conquistato le poltrone e devono far quadrare i conti e non bastano più i rutti e le bestemmie, e adesso di colpo «la sicurezza non è più un’emergenza». Dopo che per anni ce l'hanno menata - e certo torneranno a farlo quando gli farà gioco - raccontandoci di essere assediati da orde di criminali.
Ma vaccaghér.

sabato 4 dicembre 2010

Nota politica
















Berlusconi è andato in Russia.
Ha detto che non c’è nessuno alla sua altezza (…).
Poi che l’unico legittimato a governare è lui.
E che Fini è una bufala.
Che tanto i voti lui li ha (Berlusconi).
E Fini ha detto che invece il governo non ha più la maggioranza in Parlamento.
Ma ecco ancora Berlusconi che tanto se il governo viene sfiduciato si va a votare.
E Fini che andare a votare è da irresponsabili.
Bossi ha detto che aauarrghassrachas.
Tutti l’hanno guardato e hanno detto: eeeeehhhh?
Bossi ha ridetto che gliel’aveva già detto, a Silvio, che bisognava andare a votare. E che comunque votare o no alla Lega non gliene frega un cazzo, tanto la Lega sta col popolo del Nord.
Casini ha detto che anche Letta andrebbe bene, basta che Berlusconi si levi dalle palle.
Enrico Letta l'ha sentito e si è alzato.
Casini ha sbuffato e gli ha detto che no, si risedesse, è Gianni, parlava di Gianni, e cazzo la deve smettere che ogni volta che si dice Letta lui si gira. Letta è Gianni Letta, lui invece è Enricoletta, tutto attaccato.
Farefuturo ha scritto che bisogna fermare la deriva.
Rutelli ha detto che serve la convergenza e la larga intesa (testuale).
S’è inserito per un attimo Napolitano a dire di stare calmi, che tanto il presidente della Repubblica ha le sue prerogative.
Verdini gli ha risposto che non deve rompere i coglioni.
A questo punto s’è svegliato Bersani che se l’è presa per le parole gravi e offensive contro il capo dello Stato.
Infine Vendola ha concluso che comunque è giusto porre la questione delle primarie.

Pietà, vi prego.

giovedì 18 novembre 2010

Caccia al Saviano (e occhio alle banderillas)

Nel mezzo di quest’irritante berciare sul pro e contro Saviano, con i consueti schieramenti contrapposti a sputarsi addosso  e giornali che addirittura raccolgono firme in sostanza per dargli dello stronzo, ecco invece su Lettera 43 un pezzo che cerca di mettere in fila qualche concetto su cui ragionare riguardo al discorso 'ndrangheta-nord-Lega. Consigliato, che così uno non perde il vizio di farsi un'idea al di fuori delle sempre più insopportabili logiche da tifosi da stadio.
Che poi Saviano scivoli su generalizzazioni a volte superficiali, bé, è successo, e lo si può anche dire senza passare per filo-leghisti. E poi uno rilegge alcune sue dichiarazioni mica così antiche. Tipo quando a Buttafuoco, quest’anno, parlava di Maroni come di «uno dei migliori ministri dell’Interno di sempre sul fronte dell’antimafia». O ancora prima, e diceva che «non sopporto il sinistrume alla “noi siamo i sani, gli altri i corrotti e infami”» (e non era certo una critica alla "sinistra" in quanto categoria politica, ma all'atteggiamento di chi si vuol ergere sempre e comunque a depositario della Verità). Questo per dire che cercava di staccare ogni etichetta posticcia dalla sua importante battaglia di sensibilizzazione contro il malaffare mafioso. E insomma, l’impressione – sia detto con rispetto, ché la caccia al Saviano è sport che ripugna – l’impressione è che ultimamente indugi troppo nella ricerca degli applausi, per la verità sempre più numerosi, e però lo faccia ben sapendo qual è la fazione che attualmente lo sta eleggendo a beniamino - e qui s'intende non tanto il pubblico televisivo, quanto i caporioni politici e mediatici. Basta sia consapevole del fatto che stanno piantandogli la bandierina sulla testa, da una parte e dall’altra ("ha sempre ragione", "no, ha sempre torto"). Il suo ruolo in commedia è pronto, gliel'hanno ritagliato su misura. Speriamo scappi in tempo.

UPDATE: e a proposito di gente con le palle, ecco il servizio di Marco Mathieu su Giulio Cavalli, attore e consigliere regionale sotto scorta per aver denunciato la presenza della 'ndrangheta in Lombardia.