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sabato 18 giugno 2011

Oh, scusa, ma tu da che parte stai?

Ma insomma, è possibile essere profondamente ostili a Berlusconi e tutto quel che rappresenta e però trovare insopportabile il conformismo dei discorsi di troppi antiberlusconiani, che quando cominciano a parlare d’un qualche argomento già sai in partenza quali sono premesse e svolgimento e conclusione, e se poi provi a discuterne ti rendi conto che hanno ben chiaro lo schema e poi chissenefrega di metterlo in discussione tanto è così? (...e quando non sanno che cosa controbattere a una tua eventuale contestazione, ecco che parte il “ma cosa c’entra?”).

E si può considerare la riorganizzazione del mercato del lavoro un problema essenziale e prioritario di questo Paese, e però accorgersi d’essere ormai insofferente al comizio del solito precario in favor di telecamera che è tutto uno slogan che più generico e denagogico non si può?

E si può amare artisticamente Benigni e i suoi film (non tutti, però) e apprezzarlo quando legge Dante e anche quando dispensa retorica sull’inno, e però trovarlo noioso e stancamente prevedibile quando salta in braccio e si butta per terra e ripete per l’ennesima volta la gag del pinocchietto monellaccio?

No, perché poi succede come al solito: che ti schifano sia da una parte, sia dall’altra.

Mi sa che ho bisogno di una vacanza.

giovedì 2 dicembre 2010

Conformismo a volto coperto

Ogni comunità, intesa come gruppo più o meno numeroso di persone unite da un qualsiasi interesse comune, sviluppa nel tempo modalità di relazione che spesso s’irrigidiscono in riti stantìi, gesti magari un tempo spontanei che degenerano in tic, idee che smettono di svilupparsi e si cristallizzano in slogan ripetitivi e monocordi. In una parola, il conformismo – strano parassita che cambia fisionomia  a seconda dell’ambiente in cui si sviluppa. Oggi, su Repubblica, Michele Serra smonta efficacemente l’insopportabile e ormai anacronistica retorica che si cela dietro l’immagine del “rivoltoso a volto coperto”, uomo-immagine delle proteste del sabato pomeriggio (e quanto si piace, quando si prepara e si guarda allo specchio e poi esce per andare alla manifestazione con la felpa e il cappuccio nero e la sciarpa sulla faccia).

Mi importa relativamente poco sapere se gli studenti in corteo siano più o meno di sinistra, più o meno estremisti, più politicizzati o più caciaroni, più ragionevoli o più eccitati. E sono certo che la mia esperienza personale e la mia formazione politica non possono valere anche per loro. C’è un solo discrimine (invalicabile) che mi impedisce di solidarizzare con alcuni di loro, ed è quando vedo volti coperti. Le maschere e i segreti definiscono il potere, che ha sempre qualcosa da nascondere. Non certo le persone libere. Le persone libere mostrano il volto, e sono così sicure delle proprie idee e del proprio diritto da non temere la repressione, e/o da affrontarla, quando occorre, a viso aperto. A volto coperto si fanno le rapine, non le manifestazioni. A volto coperto hanno agito e agiscono i violenti, i provocatori, gli ultras da stadio. I ragazzi e le ragazze di Teheran, a rischio della vita, sfilarono a viso aperto. Il volto coperto e i caschi con la visiera calata li usavano gli sgherri del regime. Se i nuovi cortei si lasceranno occupare, invelenire, usurpare da chi agisce a volto coperto, una lotta che è di tutti, che è pubblica, diventerà il campo di battaglia privato di pochi energumeni, di pochi egoisti. E’ già accaduto. Non deve accadere ancora.