mercoledì 19 gennaio 2011

Il Pd e la sindrome del giaguaro («aspetta, aspetta...»)

Cioè, l’attuale situazione è questa.

Berlusconi, al di là della rilevanza penale di quanto rivelato dall’inchiesta milanese, è completamente sputtanato, e il mondo gli/ci ride dietro.
«Aspetta, aspetta».

Il Paese è in profonda crisi economica, certificata dalla Banca d’Italia, e sociale, con una crescita impetuosa della disoccupazione.
«E noi aspettiamo, mica ci caschiamo, eh…».

Alitalia, uno dei temi su cui il centrodestra ha puntato per vincere le elezioni del 2008, sta tornando a distribuire casse integrazione, ed è sempre più chiaro che finirà presto in mano ad Air France – cioè, per la verità lo è già, essendo la compagnia francese azionista di maggioranza e però avendo pagato un decimo di quello che avrebbe sborsato se, due anni e mezzo fa, la trattativa al tempo ben avviata non fosse stata bloccata proprio dal Berlusca.
«E tu aspetta…».

Ormai è chiaro che l’emergenza-rifiuti di Napoli – altro “successo” sbandierato dall’attuale governo – non è affatto risolta.
«Aspetta, che ancora non è il momento».

Pompei, il museo a cielo aperto più famoso del mondo, sta letteralmente cadendo a pezzi.
«Come come? No no, aspetta».

Il Pdl, maggior partito di maggioranza, ha da poco sofferto una traumatica scissione.
«E noi aspettiamo, vedrai poi che agguato, c'abbiamo un piano, c'abbiamo».

E insomma, per dire che questa situazione farebbe la “gioia” – nel senso biecamente elettorale del termine - di qualunque opposizione in qualunque Paese. E il nostro Partito Democratico? No, il Pd non vuole votare - «aspetta, aspetta» - e si nasconde dietro il “senso di responsabilità”  perché teme ugualmente di perdere, anche (ma non solo) perché al suo interno si scazza un giorno sì e l’altro pure. E ci tocca pure sentire Bersani che «no, noi non le temiamo, le elezioni» (e però allora sarebbe roba da tso).

Così sta messo il centrosinistra nostrano.

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