lunedì 28 febbraio 2011

Vuoi morire in pace? Paga

C’è la faccenda della legge sul fine vita minacciata da maggioranza e governo che questa sì, che bisognerebbe contrastare con manifestazioni e petizioni e mobilitazioni permanenti e insomma, tutto il repertorio. Con il premier bunga bunga che vuol recuperare terreno in Vaticano e adesso è tronato al «viva la scuola privata (cattolica)» e poi addirittura «no al relativismo etico» (cioè, lui lo dice…) – d’altronde, per ricordare un’agghiacciante sciocchezza, quando vuol fare l’ateo devoto ecco che è in grado di squadernarti una scempiaggine tipo «Eluana può avere figli».

E dunque, per tornare alla legge sul fine vita: questi possono anche truccarla alla bell’e meglio, ma la realtà è che – in linea con la peggior tradizione dell’estremismo cattolico - vogliono semplicemente scipparci l’autodeterminazione sulla nostra stessa esistenza. Imponendo che le ultime volontà siano – come dire? – indirizzate non dal soggetto in questione, e nemmeno da un suo parente o da un suo amico – che si comporterebbero comunque sulla  base dell’esplicita volontà del malato, naturalmente. Ma da un medico (è una semplificazione, questa, ma neanche poi tanto). Uno con cui, magari, si hanno rapporti poco più che formali – e hai voglia anche a spingere sul luogo comune che «il medico di famiglia è persona intima della famiglia stessa», che forse accadeva una cinquantina d’anni fa, e comunque anche se fosse c’entra nulla

Una legge, questa, che prima o poi porterebbe tra l’altro a un prevedibile e paradossale risultato: coloro che non intendono in nessun caso sospendere le cure potranno giustamente far valere le proprie convinzioni, mentre chi sceglie d’interrompere una terapia considerata accanimento terapeutico invece no, potrà farlo più o meno clandestinamente e soltanto se il suo dottore è d’accordo. Ragion per cui, si assisterà a una ricerca del medico compiacente, fin quando lo si trova. E, visti i tempi, questa disponibilità potrà eventualmente essere compensata con moneta sonante. Una cosa tipo: «Vuoi morire in pace? Paga». Eppure, per le anime belle, sarà sempre meglio che promulgare fuor d’ipocrisia una legge degna di questo nome, che permetta alle persone di decidere del proprio destino senza condizionamenti pseudo confessionali.

E però c’è anche un’altra cosa che fa pensare. Cioè, la sinistra sbraita e si scandalizza e manifesta per questioni che, come s’è visto, spostano nulla o quasi. Non che non si debba fare, ma è sempre la solita storia:  ce la si canta e ce la si balla riraccontandosi cose che già ci siamo detti migliaia di volte - «Berlusconi a casa», «Berlusconi indegno», «Berlusconi in galera» - e alla fine diventa tutta una sorta di masturbazione di gruppo (e proprio qui stava il senso di quest'altro mio post). Mentre si evita di alzare la voce su questioni che, invece, potrebbero davvero trovare sponde anche fra chi non è pregiudizialmente antiberlusconiano, e così facendo si potrebbe finalmente erodere consenso al Cavaliere. In questo senso, i cosiddetti “temi etici” possono diventare una testa d’ariete: tutti i sondaggi hanno dimostrato come anche molti elettori di centrodestra – per esempio proprio a  proposito del testamento biologico - non siano d’accordo con la linea dell’attuale maggioranza schiacciata sulle posizioni del Vaticano. E, per dire, la legge in questione è stata recentemente criticata certo non da posizioni di sinistra da Galli della Loggia, e non è l'unico. Non che sia determinante, ma qualche cosa vuol dire.

E invece il centrosinistra non lo fa, non si fa sentire come dovrebbe, proprio perché anche al suo interno resistono i predicatori baciapile, vassalli della Santa Sede.  Non si prende una posizione davvero forte – o la si sostiene sottovoce – perché altrimenti «i cattolici si offendono» (mentre invece, al di là degli scaldapoltrone che dei “cattolici” si sono autoproclamati paladini – leggi Casini – si sa che anche i credenti, sulla questione, non sono affatto così graniticamente d’accordo con papi e vescovi, anzi).

E’ da anni che l’attuale opposizione, Partito Democratico in primis, cerca invano di acquisire e mostrare una propria specifica identità. Che dovrebbe innanzitutto rispecchiare il tipo di società che si vorrebbe propugnare. Ecco, un primo importante passo - davvero progressista, tra l’altro - potrebbe per l’appunto essere questo: una società in cui, finalmente, la si smetta di far coincidere una non meglio identificata etica pubblica - formulaccia, questa, che viene tirata fuori solo quando fa comodo - con le fisime vaticane, certo rispettabili ma che non possono più essere imposte per legge. E, più in generale, in cui la legge non si basi su convinzioni più o meno religiose, ma che garantisca a tutti il diritto di decidere per sé stessi.

E’ chiedere troppo?

E per quanto riguarda la paranoia anti-scientifica - e del tutto al di fuori della legge - del sempre più oscuro Comitato Nazionale di Bioetica, che vorrebbe essere un organo di consulenza governativo, da leggere questo post di Front Page sulla possibilità di "obiezione di coscienza farmacistica" nella vendita della pillola del giorno dopo e relative sciocchezze annesse.

giovedì 24 febbraio 2011

Compagni da festival

Cioè, leggendo Michele Serra di oggi (peraltro in linea con la Spinelli dell'altro giorno, sempre su Repubblica), va a finire che la canzone con cui Vecchioni ha vinto il festival di Sanremo diventa «un manifesto della speranza» (!), guardata invece con colpevole sufficienza da certo cinismo di sinistra (oltreché dal «dandismo» di destra). E lui, Vecchioni, a Sanremo ci è andato armato di «una buona dose di anticonformismo» (!!!). Il ragionamento è - come dire - circolare: tanto per restare negli ismi, siccome Sanremo è l’apoteosi del canzonettismo all’italiana (e mica solo in senso strettamente musicale), e siccome lo sanno tutti, allora chi vi partecipa “da intelligente” lo fa proprio per sfatare i luoghi comuni. Il solito discorso: «Eh già, lui ci è andato e però restando sé stesso». Ma è semplicemente perché il “sé stesso” in questione s’è adattato a Sanremo, mica il contrario. In questo senso, allora ha ragione Luca Sofri.

Perché poche balle: Vecchioni ha partecipato al festival esattamente per lo stesso motivo di Al Bano e Anna Oxa e la Zanicchi ai suoi tempi. Legittimo, intendiamoci. Ma la retorica del compagno-oltre-le-linee-nemiche suona del tutto fuori luogo. Alla fine ha vinto Sanremo, questa è la verità. Ha talmente vinto che anche chi un tempo lo disprezzava, ora se la/ce la racconta.

E poi vi prego, Vecchioni speranza culturale della sinistra no.
Che non so se qualcuno l’ha visto l’altra notte in tivù.

«Perché dentro di sé bisogna unire il grande e il bambino».
«E c’è amore e amore».
«E gli adolescenti hanno dei momenti di raptus che non sanno controllare».
«Perché c’è una cosa che mi ha sempre salvato nelle avversità, è la comprensione del bello».
«E poi l’amore per la cultura».
«E anche per le donne, che sono molto meglio degli uomini».
«Perché la morte è l’altra metà della vita».
«E quello che non mi piace della morte non è tanto morire ma perdere quello che c’è nella vita».
«Perché sì, io mi sento un intellettuale».

E Marzullo:
«Ma come parla bene, professor Vecchioni».

mercoledì 23 febbraio 2011

L'esempio

No dài, il bunga bunga no...
...
Ma sì, lo so, ce lo siamo già det...
...
Ma non sto dicendo di no, dài, è solo che ne abbiamo già parlato e...
...
Ma che cazzo c'entra che ci abituiamo a tutto! Sto dicendo tra di noi, qui, adesso...
...
Ma no, cazzo. Sto dicendo che fra di noi, fra di noi quattro, cazzo, fra di noi ne abbiamo già parlato, è noioso...
...
Nel senso che sono mesi che facciamo questo discorso, mesi, tutti i cazzo di giorni, questo sto dicendo, nient'altro, adesso non sto entrando nel merito della questione, non lo faccio perché l'abbiamo già fatto centinaia di volte, ognuno di noi sa precisamente come la pensa l'altro, e già sappiamo anche come si svilupperà il discorso, poi alla fine allargheremo e arriveremo al Pd e Bersani e che dall'altra parte non c'è un cazzo di nessuno e...
...
Cioè al limite, per dire, al limite sarebbe meglio allora se ci fosse qui uno che invece dice, non so, dice che il bunga bunga è il massimo, o che comunque non gli dà fastidio, una cosa così, che almeno la conversazione sarebbe...
...
Ma no, dico "meglio" nel senso che sarebbe meno prevedibile, cioé sarei addirittura curioso, ma poi...
...
Ma è un esempio, cazzo! E' un esempio!! Ma mi capisci???
...
Lascia stare, è una boccia persa...
...
No niente. Che poi figurati se a me non fa schifo uno che a quell'età...
...
Ma sì, certo.
...
Appunto.

mercoledì 16 febbraio 2011

La lezione di Obafemi

Obafemi era mio alunno l’anno scorso, in una seconda: e Obafemi, perentoriamente e drasticamente, non studiava nulla di nulla, mai. Ne ho conosciuti tanti di ragazzi quindicenni, in questi anni di lavoro, ma quelli determinati a non fare proprio nulla come Obafemi si contano sulle dita di una mano, non di più. 

Solo che Obafemi era un’eccezione anche tra questi, tra i quattro o cinque che non facevano mai nulla.
Perché lui, ragazzo africano ma italiano, lui leggeva tantissimo, in modo quasi patologico, senza interruzione: qualsiasi libro, che fosse un romanzo d’avventura o un saggio di divulgazione scientifica o un libro di costume e società come quelli di Severgnini, Obafemi non faceva altro che leggere, l’anno scorso, durante la seconda liceo.


Un storia che davvero merita, qui scoperta grazie a Lucacicca che l'ha appresa attraverso Francesco Costa e insomma, val la pena di fare un salto da sempreunpoadisagio che l'ha vissuta e raccontata.
Grazie.

martedì 15 febbraio 2011

I diritti dell'assassino

La domanda è giuridicamente decisiva: di fronte a crimini odiosi, ma il discorso vale in generale, fino a che punto siamo disposti a delegare alle necessità di accertamento probatorio delle responsabilità penali – accertamento  “al di là di ogni ragionevole dubbio” – in nome di sillogismi deduttivi sia pur di buon senso? Cioè, è bene di fronte a indizi pur forti e a ragionamenti persino condivisibili approvare, e anzi invocare, condanne pesanti – la galera, magari per venticinque anni - anche in assenza della prova determinante? No, che non si può. L’essenza del garantismo, l’essenza degli stessi diritti individuali di fronte alla legge, è seduta proprio su questo malfermo muretto, che separa la norme valide per tutti dall’arbitrio – e fa nulla se questo confine risulta a volte impalpabile, quasi una sfumatura. E in questo senso suona strano sentire la ministra Carfagna, quella che si spertica in filippiche contro la persecuzione ai danni di Berlusconi e alle accuse a lui mosse a suo dire senza prove – parere legittimo, intendiamoci - suona strano sentirla scandalizzata per una sentenza arrivata al termine di un processo di cui non conosce gli atti, non ha seguito lo svolgimento, e insomma, di cui sa nulla.  Sa solo che quello doveva essere condannato. Perché la gente l’aveva già fatto. E dunque così doveva andare.

Si sta qui parlando dell’assoluzione di Luca Delfino, l’uomo che era imputato d’aver ucciso la sua fidanzata. E un anno e mezzo dopo quel delitto, lo stesso Delfino ha poi effettivamente ammazzato un’altra sua ex, assassinio per cui è stato condannato. E, per quanto riguarda la prima vicenda,  esistono persino prove della sua presenza nei pressi del luogo del delitto. E quella sera aveva effettivamente litigato con la donna poi morta. E però per un anno lo stesso magistrato titolare dell’inchiesta non l’aveva arrestato, proprio perché riteneva di non avere in mano una prova processualmente determinante. Poi arrivò l’altro delitto, e le comprensibili polemiche seguenti, «perché era ancora in giro? Perché non era in galera?». Ora quest’altro processo, al termine del quale – come detto - Delfino è stato assolto. Nell’arringa conclusiva, il suo difensore s’era appellato ai giurati, «non dovere giudicarlo in base all’altra condanna, dovete giudicare se l’accusa è riuscita a portare prove della sua colpevolezza in ordine a questa vicenda, e se avete un minimo dubbio dovete assolvere». Giusto. Al-di-là-di-ogni-ragionevole-dubbio. E i giudici hanno assolto. 

Ora, superfluo sottolineare che non si parla di verità assoluta, ma di verità processuale. L’omicidio è orribile, il personaggio certo detestabile, gli indizi tanti. E’ persino più che ragionevole credere che sia effettivamente lui, il colpevole. Basta? No, non basta. Che poi uno dice: ma scusa, ma chi vuoi che sia stato? Adesso basta? Ma no, che ancora non basta. E non è mica questione di formalismo. E’ che aggirando la regola, il processo si riduce poi a una patetica pantomima.

E’ sempre così: tutti quanti sono garantisti con i loro amici, o comunque con quelli di cui hanno buona considerazione, poi se ne dimenticano quando si tratta di persone che invece giudicano poco meritevoli, se non addirittura "cattive". Ma anche gli assassini devono poter contare sui diritti garantiti a tutti gli altri: sembra banale, in Italia non lo è. Regola certo a volte difficile da accettare. Ma l’unica possibile.

Qualcuno adotti il Vaticano

Giovanni Paolo II perse la madre a nove anni   
San Filippo Neri perse la madre a cinque   
Madre Teresa di Calcutta perse il padre a otto   
Sant'Ignazio di Loyola perse la madre a sette   
San Giovanni Bosco perse il padre a due   
Santa Teresa di Lisieux perse la madre a quatto   
Santa Paola Frassinetti perse la madre a sei   
Santa Gemma Galgani perse la madre a sette   
Santa Febronia perse entrambi i genitori a due   
Santa Giovanna del Portogallo perse la madre a tre   
Santa Germana Cousin perse la madre poco dopo la nascita   
Sant'Angela Merici perse entrambi i genitori a dieci   
Sant'Alfonsa dell'Immacolata Concezione perse entrambi i genitori a quattro   
San Benedetto da Norcia perse la madre a otto   
Santa Maria Goretti perse il padre a dieci   
San Tommaso abbandonò la famiglia a cinque anni  
la Madonna fu mandata a vivere nel tempio a tre

Poi mi sono stancato di cercare, ma il breve elenco che precede dovrebbe essere sufficiente per dimostrare una cosetta ai nostri amici del Vaticano: 'sta storia che se uno non cresce con due genitori viene su storto non regge mica tanto, o sbaglio?

[da Metilparaben]

E comunque, ormai la Santa Sede fa sempre più spesso la figura di quegli anziani inaciditi che rompono i coglioni solo per il gusto di farlo. Cioè, anche cercando di vederla dal loro punto di vista: non esiste alcun precetto dottrinale che impedisca l'adozione di un bambino da parte di un adulto che non vive in coppia. Peraltro, lasciando perdere i testi sacri, davvero non si comprende la ratio per cui la Chiesa preferisce lasciare dei bambini in istituto piuttosto che farli crescere con una persona in grado di accudirli, magari - pensa un po' - con amore. Tra l'altro, potrebbero così trovare una casa e un genitore bambini già più grandicelli, di quelli che nella situazione attuale più difficilmente vengono adottati.
E non si tiri fuori adesso il pericolo che i piccoli potrebbero finire in mani malandrine: ovvio che c'è bisogno di tutte le cautele del caso - peraltro, in Italia i controlli per ottenere il via libera all'adozione sono davvero stringenti, com'è giusto che sia. Ma non è per questo che il Vaticano si oppone. Solo ritengono minerebbe - chissà perché - la (loro) concezione di "famiglia tradizionale".  Davvero un bel modo di coniugare tutte quelle parole che - dicono loro - dovrebbe guidare la loro stessa vocazione, tipo carità, solidarietà, fratellanza.

E invece sembra proprio crudeltà pura e semplice, questa.
Con tanti saluti al bene del prossimo.

giovedì 10 febbraio 2011

Ormai

«Ma scusa, hai bisogno?».
«Ma no, ormai...».
La voce non è irritata, anzi. Ma dietro quell’ormai c’è tutto. Le aspettative deluse. Il tuo irrimediabile fallimento come uomo. E conferma quell’impressione, quella che hai da quando sei in grado di pensare, cioè di essere sempre e comunque e irrimediabilmente in ritardo. Su tutto. E con tutti. 
Ormai. Cinque lettere che sono peggio di qualunque insulto gridato.

Ma vaffanculo. Tu e l’ormai.

martedì 8 febbraio 2011

Presente scaramantico

Vivi come se dovessi morire domani.
Cioè tutto il giorno con le mani sui maroni.

                                                 - Zanna -

Pannella, stai Bonino / parte 2

Sulla faccenda del dialogo-trattativa-o-come-diavolo-la-vogliono-chiamare fra Berlusconi e i Radicali si era già scritto qui, e vale anche per quanto emerso negli ultimi giorni. Adesso poi c'è pure la Bonino, che finalmente si permette di dirne qualcuna a Pannella.

E poi certo, per uno che - perlomeno dal punto di vista dell'approccio politico - si è sempre sentito parecchio vicino ai Radicali, fa anche un po' specie. E però c'è caso che questo malcelato crollo generale da fine epoca possa spazzare via anche il Papa laico, il Giacinto detto Marco. Che tante battaglie encomiabili ha condotto - e anche vinto - in passato, mentre ora somiglia sempre di più ai tromboni che per una vita ha cercato di contrastare.

La piena si porterà via sia Berlusconi sia Pannella? Sarebbe paradossale, ma non così sorprendente.

venerdì 4 febbraio 2011

La paura che fa paura

Allora, la storia la racconta il blog di Terre di Mezzo. Succede che in via Padova, strada milanese semiperiferica ad alto tasso d’immigrazione – quella in cui, un annetto fa, nordafricani e sudamericani si scontrarono per le strade dopo l’omicidio di un ragazzo egiziano -, succede lì che un gruppo di extracomunitari vorrebbe tentare di oltrepassare i cancelli della diffidenza. E insomma, si offre di aiutare gli anziani italiani, in particolare a fare la spesa. Un’iniziativa di vero volontariato, l’han chiamata “Ti regalo un’ora”. Ma nessuno accetta. Nessuno si fida. Nessuno. Tutti tappati in casa, a guardare sospettosi dagli spioncini oppure a brontolare al bar. E guardate, non ce la si vuol prendere con i vecchietti, ma ecco: questo per far capire come ci hanno ridotto anni e anni di grida contro l’emergenza extracomunitario e il pericolo che viene dallo straniero e tutte le sciocchezze in salsa leghista. (Ma non solo: ci sarebbe da scrivere anche su chi, per troppo tempo, si è ostinato a sottovalutare il timore diffuso e in qualche modo comprensibile di fronte a un fenomeno che, per l'Italia, è relativamente recente, lasciando così campo alle insopportabili generalizzazioni della Lega. Ma tant'è).

E comunque: uno ti offre una mano e tu gliela schifi perché parla un’altra lingua e ti hanno inculcato che appena ti giri lui ti dà una botta in testa e ti rapina
Questa cosa qui sì, che fa paura.

giovedì 3 febbraio 2011

L'infallibile intuito del mago Walter

Ormai s’è capito su che cosa sarà impostata la campagna elettorale (imminente? bah…) del centrodestra. Sulle tasse, sempre quelle, solito refrain.  Tasse che peraltro Berlusconi e compagnia hanno di fatto aumentato, altroché. O comunque non certo ridotto. E vedremo poi se passa il federalismo così come l’han concepito. In ogni caso, non è che se la si vuol sempre prendere col Pd, ma insomma: questo non aveva un argomento ch’era uno, per tentare di uscire dall’angolo in cui s’era cacciato. E che cosa ti ritira fuori quel geniaccio di Veltroni, nel suo ritorno al Lingotto per spiegare come il centrosinistra può tornare a vincere? (...lui ce lo spiega, e siamo a posto…). Che cosa ti ritira fuori? Una tassa. Una tassa, cazzo. La patrimoniale. E lascia stare che non era stato lui a lanciarla, e prima Scalfari e poi Giuliano Amato eccetera: Veltroni l'ha comunque inserita in un discorso che voleva essere una vera e propria proposta di programma per il Pd. E poi certo, lui naturalmente aggiunge che l’avrebbe contestualizzata (che schifo di parola) e bilanciata «e bisogna spiegarlo ai più ricchi che devono aiutare il Paese e così s’abbatte il debito pubblico e bla e bla». Ma intanto l'avversario politico ci può marciare.

E dunque, anche aldilà di come la si pensi sul punto: ma cazzo, ma questa storia della comunicazione politica, del modo in cui parlare agli elettori italiani, ma proprio non hai capito nulla, o Walter e progressisti in generale. Ma davvero è necessario un intuito superiore alla media per capire che – patrimoniale o meno, ricchi o non ricchi – in Italia se parli di una tassa da aggiungere, alla gente viene l’urto di vomito? E adesso quell’altro, come sempre mistificando e confondendo, ma ha buon gioco – e ce l’avrà, in caso di elezioni – a ritirar fuori la solita solfa sulla sinistra che vuol aumentare la pressione fiscale e lui invece no. 

Ma cristosanto, ma con tutte le cose che ci son da dire, proprio la tassa bisognava tirar fuori? Ma dài…

mercoledì 2 febbraio 2011

Risarcire i bambini

E’ il calcio liquido, per dirla con Bauman. Non fai a tempo ad abituarti al beniamino da stadio che subito se ne va, cambia casacca e bandiera, magari a stagione in corso. E' il segno dei tempi, e se si volesse andare sulla sociologia da due soldi si potrebbe anche allargare il discorso, e lasciamo stare.
E comunque, l'altra sera viene da me mio figlio col suo album di figurine, e seccato mi dice «ma scusa, adesso questo ce l’ho nel Cagliari e invece è andato alla Juve, e questi eccoli qui nella Sampdoria e invece ora sono uno nel Milan e l’altro nell’Inter». E mi racconta di questo suo compagno di classe che è interista, e un paio d’anni fa suo papà gli aveva regalato la maglietta nerazzurra di Ibra, ma adesso Ibra è del Milan e lui «non può più usarla». E poi sempre mio figlio mi chiede «ma adesso i bambini di Genova che magari si erano comprati le magliette di Cassano e di Pazzini, adesso che cosa se ne fanno? Le devono buttare via? Almeno dovrebbero ridargli i soldi, no?». E se ne torna in camera.

Ecco, intendiamoci, non è che uno deve per forza immalinconirsi ricordando i bei tempi che furono, ché in genere così più belli non erano. E però, ultimamente, ci sono giorni in cui penso che davvero dovremmo risarcire i bambini.
E mica solo calcisticamente parlando.