mercoledì 22 dicembre 2010

La tassa sul tumore

Perché poi alla fine è così che succede. Che a pagare sono i più deboli, e non la si consideri una frase fatta - macché, in Italia è una regola, e pazienza se suona retorica. Decenni di malamministrazione e clientelismo e inefficienze assortite hanno creato e nutrito il mostro che adesso tutto divora (il bilancio in primis). È la sanità in Campania, bellezza. È stato calcolato lo scorso anno che, per ogni abitante della regione, vengono spesi mediamente 1.215 euro. E però, in base agli standard nazionali, il sistema campano avrebbe potuto offrire gli stessi servizi utilizzando 388 euro in meno. Vale a dire, come ha sintetizzato Sergio Rizzo sul Corriere, che per l’appunto la Campania spreca un euro su tre. Uno scandalo a cielo aperto.

E così questi soldi - si perdoni la generalizzazione,  ma neanche si scrive proprio a caso  - questi soldi che servono evidentemente per mantenere una struttura pletorica, le assunzioni inutili, gli amici degli amici degli amici, gli istituti e i laboratori gestiti malamente e via dicendo, questo buco che pare incolmabile, ecco, lo si comincia a coprire  chiedendo denaro anche agli ammalati cronici e gravi, persino ai malati di tumore. Che, unico caso in Italia, dovranno sborsare cinque euro di ticket a ricetta, uno e mezzo per ogni confezione di farmaco – indigenti e trapiantati e dializzati esclusi.

È la Campania che si morde la coda, altroché - e per favore non la si giri tacciando di antimeridionalismo chi, amante del sud e con esso imparentato, si permette di esprimere la propria insofferenza nei confronti di quest’andazzo non più tollerabile. Troppi sorrisi indulgenti hanno accompagnato i favoritismi smaccati e le inattività addirittura esibite, quasi fossero elemento di folclore. Troppi ma che vuoi che sia uno in più o in meno? Ecco, se davvero sarà confermato il ticket per i malati gravi, i campani (ma mica soltanto loro, ché questo – come si dice – è un caso emblematico di una situazione certo più generale) i campani avranno un motivo in più per vergognarsi. E anche arrabbiarsi. E cominciare finalmente a cambiare le cose.

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