Il caso ormai è noto: la foto qui di fianco, inizialmente spacciata per immagine ripresa durante gli scontri di Roma dell’altro giorno, e che avrebbe dimostrato la presenza di poliziotti-provocatori infiltrati fra i manifestanti - e peraltro ce ne saranno stati di certo - ecco, questa foto è una bufala. Nel senso che si tratta di uno scatto che risale a incidenti avvenuti in Canada nel 2007. Bufala talmente evidente che, questa volta, la segnalazione della sua inattendibilità è cominciata a circolare poche ore dopo l’apparizione in rete. (Peraltro, mica in pochi han continuato a postarla un po’ dappertutto, naturalmente affiancandoci commenti sdegnati).
E però questo strafalcione, unito a quell’altro episodio sospetto poi rivelatosi infondato - il ragazzo incappucciato con la pala in mano, anch’esso indicato come agente infiltrato e poi invece identificato in un quasi 17enne più che esagitato - ha ottenuto fondamentalmente due effetti susseguenti. Prima, per l’appunto, aizzando i soliti che «questa sì che è controinformazione, contro i media di regime e le loro veline» - e però mai che si curino di trovare uno straccio di riscontro alle sconvolgenti rivelazioni «che ci vogliono nascondere» (sono gli spacciatori di cazzate, per l’appunto). E poi, una volta emerse le panzane, fornendo buoni argomenti al Gasparri di turno, che invece sbraita per far coincidere sempre e comunque i lanciatori di molotov con gli studenti in corteo, strumentalizzando la situazione e accusando chi dissente di essere «dalla parte dei violenti».
Ed è proprio questo il paradosso. Che coloro che si ergono a paladini dell’informazione libera e alternativa, in realtà, finiscono troppo spesso per propagare frottole clamorose, loro sì vittime inconsapevoli di un’informazione manipolata, attendibile quanto le chiacchere da bar. Riuscendo così a diffondere la sensazione che siano proprio loro, i taroccatori. E in questo modo squalificando agli occhi degli osservatori neutrali le cause che vorrebbero sostenere.
Bravi, bel risultato.
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