E insomma, sarebbe ormai il caso di cambiare prospettiva e accenti, quando si parla di Saviano. Premessa: quelli che ce l’hanno sullo stomaco è meglio si prendano un’alka seltzer. Saviano è ormai giornalista famoso e seguìto, il suo punto di vista interessa a molti e non si capisce perché non debba esprimerlo in televisione, tanto più che fa ascolti da paura (e a proposito, anche questa cosa del “giornalismo snob” mostra la corda: cioè, la trasmissione sarà pur risultata a tratti noiosa e anche retorica, ma questo è parere mio, e però ha quasi doppiato il Grande Fratello, vedi un po’. Non che questo sia necessariamente indice di qualità, intendiamoci, ma "snob" proprio no: al limite nazional-republik-popolare).
Tornando al dibattito Saviano sì Saviano no, lo schema è ormai stucchevole e ripetitivo: da una parte sempre e comunque stronzo (e chissà perché), dall’altra sempre e comunque santo. Possibile che non si possa discutere nel merito delle cose che dice? Per dire, ieri ha monologato su Falcone, emblema di vittima della “macchina del fango”. Verissimo, ed è giusto ricordarlo. E però, allora, Saviano dovrebbe raccontarla tutta, non limitandosi a indicare i detrattori del giudice con un generico e quasi sussurrato “destra, sinistra e centro”.
Nel senso: anche e soprattutto a causa dei toni spesso sciagurati che quest'indifendibile centrodestra usa contro la magistratura, vien automatico pensare che anche Falcone sia stato attaccato e isolato da quella parte politica. E invece, cercando di andare oltre le logiche di schieramento, non è proprio così: gli attacchi a Falcone, il suo presunto “protagonismo”, la sua prudenza - considerata eccessiva - nei confronti del “terzo livello” e dei referenti politici di Cosa Nostra, tutte queste cose gli venivano rinfacciate – chessò – da Leoluca Orlando, allora sindaco di Palermo e attuale esponentissimo dell’Italia dei Valori, e anche da certa stampa di pseudo-sinistra a caccia di teste da mozzare (che una volta era caratteristica della destra, invece): l'Unità gli diede dell' "insabbiatore", Repubblica lo paragonò ai "guitti televisivi" - citazioni testuali, queste. Ovvio, criticare è legittimo anche quando si tratta - "si trattava", in questo caso - di Falcone. E però basta poi non far finta di nulla: e penoso fu lo spettacolo che seguì l'attentato, quando - per dirla con Montanelli - tutti corsero a farsi vedere "con le unghie conficcate nella bara".
E sempre Saviano, nel suo intervento, ha arringato su immagini di un vecchio convegno cui proprio Falcone aveva partecipato: e però s'è scordato di ricordare (...) che il giudice saltato in aria a Capaci si diceva, anche in quella sede, favorevole alla separazione delle carriere fra giudici e pm, e criticava la “visione feticista dell’obbligatorietà dell’azione penale”, e anche si dimostrava più che diffidente nei confronti di un Csm in cui “le correnti si sono trasformate in cinghie della lotta politica”. Tutte considerazioni oggi etichettate come “irricevibili e indifendibili” dagli stessi commentatori sedicenti “progressisti”, quelli che si sono autonominati difensori del diritto – in un Paese, e questo è innegabile, in cui il diritto se lo son dimenticato in molti.
E questo mica per fare la classifica. Però si parla tanto di memoria che quasi quasi ci si dimentica dei fatti.
UPDATE: sarà anche cattivo, però merita il pezzo di Rondolino su Frontpage.
UPDATE: sarà anche cattivo, però merita il pezzo di Rondolino su Frontpage.
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