giovedì 11 novembre 2010

L'amore ai tempi del supermercato e di Sacconi

Avanti un altro. Dopo l’uscita dell’altro giorno del ministro Sacconi, con i contributi pubblici gentilmente elargiti ma soltanto alle coppie sposate con figli – salvo poi correggere la sciocchezza, precisando che, bontà sua, qualcosa avrebbe eventualmente mollato anche ai figli dei non sposati -, ecco che t’arriva  Alemanno con quest’altra geniale idea: tassare i single. E però anche lui subito dopo s’è corretto. La sua – dice – era una proposta a fin di bene, intendeva – aggiunge – concentrare le agevolazioni sulle famiglie con più bambini (e però sposati, se bisogna armonizzare le due trovate).

Ora, al di là dell’ormai prevedibile e in verità imbarazzante piaggeria verso le tonache, ché tra l’altro con le elezioni in vista è meglio metter già via qualche voto in sacrestia, non si capisce cos’abbia preso alla coalizione politica che, fra divorzi e corna e quant’altro, è certamente la più matrimonialmente disastrata della storia. Nel senso: oltre all’assurdità della convinzione che soltanto chi si sposa avrebbe dignità di definirsi “famiglia naturale” – ma naturale dove? ma naturale per chi? ma dove vivono? -, c’è poi quest’impostazione da supermercato, nella schematizzazione dei rapporti. Manca che distribuiscano una tesserino tipo le carte fedeltà, presente? Allora, tu quanti figli hai? Ecco tot punti, poi alla fine passa che c’è il premio. Tu non ne hai ma sei sposato? Vabbé, qualcosa t’arriva. E tu ne hai e non sei sposato? Eh no, allora niente. Voi poi, che di bambini non ne avete e convivete, o peggio che siete dello stesso sesso, allora è meglio vi serviate in un altro negozio, che qui non siete graditi. E’ così, è il complesso della patente a punti applicato ai sentimenti. Altro che “religione” e “natura”.

E non è che non si sappia come, in effetti, sia anche comprensibile un certo grado di schematizzazione sociale per le istituzioni, che solo così possono capire dove e come e in che misura intervenire. E però allora facciamo così. Visto che sarebbe imbarazzante ammettere ciò che per la verità è a tutti evidente, e cioè che certe proposte e decisioni che penalizzano per esempio le coppie di fatto – etero o gay che siano - sono figlie della sudditanza (elettorale, mica per altro) nei confronti di Vaticano e dintorni, uno dei luoghi comuni più rimarcati dai baciapile è quello di sostenere che sarebbe giusto favorire le unioni ufficializzate con le nozze perché “garantiscono stabilità sociale”. Dunque, in sostanza, se ti sposi io, Stato o Comune, ti premio. E però, seguendo questa logica demenziale, se poi divorzi allora dovresti essere punito. I divorziati li dovrebbero perdere, questi diritti e favoritismi, anche se poi si risposano - avendo per l'appunto tradito proprio la “stabilità sociale”. Per lo meno, dovrebbero saltare un giro.

Naturalmente è una provocazione. Ma sarebbe coerente con il loro assurdo modo d’argomentare. Che poi i pretoni sarebbero pure contenti, di metterla così e di punire i divorziati anche nell’aldiquà. Fra gli attuali governanti, però, si salverebbe nessuno o quasi. Sia di qua che di là.

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